SPAGNA Se anche i giudici vanno allo scontro

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BARCELLONA. È solo la terza volta nella storia della Spagna che la magistratura scende in piazza. Se a farlo sono sia i giudici che i pubblici ministeri (in tutto circa 7.500) e, evento inedito per una categoria dalle note simpatie destrorse, contro un governo di destra, deve proprio voler dire che la misura è colma.
Gli organizzatori dicono di una partecipazione di circa il 60%, mentre il Consejo General del Poder Judicial (Cgpj), l’equivalente del Csm italiano (ma solo per i giudici), riferisce di un’adesione del 40% fra i soli giudici. Considerando che i magistrati, a causa di un vuoto normativo, sono l’unica categoria che non perde lo stipendio in caso di sciopero, il ministro del settore, l’ex sindaco di Madrid Alberto Ruiz-Gallardà³n, ha avuto gioco facile nel dichiarare lo sciopero di ieri un «fallimento».
Ma i numeri in politica, si sa, non sono tutto. Esattamente 4 anni fa, il 20 febbraio 2009, il primo sciopero della magistratura spagnola (dei soli giudici) ebbe l’effetto di costringere l’allora ministro socialista Mariano Fernà¡ndez Bermejo alle dimissioni pochi giorni dopo.
Il governo di Mariano Rajoy è indebolito su molti fronti e non può permettersi di aprirne un altro con la giustizia. Una delle principali richieste dei giudici è legata al tema che tiene in scacco la politica spagnola: la corruzione. Senza risorse adeguate, i magistrati non riescono a fare fronte alle innumerevoli inchieste in corso.
Ma, c’è di più. Secondo i giudici, la riforma che Gallardà³n sta cercando di far approvare attacca la loro indipendenza. L’idea è quella di modificare il criterio di selezione dei 20 giudici che siedono nel Cgpj, oggi tutti nominati dal parlamento con maggioranza di 2/3. Il che implica che tutte le nomine sono di natura politica e i nominati «godono della simpatia» dei due principali partiti (Pp e Psoe), o, raramente, di qualcuno dei partiti minori. La riforma consentirebbe a tutti di essere eletti (oggi devono provenire da una delle principali associazioni di giudici, una filo-Pp e una filo-Psoe) ma con una maggioranza parlamentare semplice. Originariamente il Pp proponeva di delegare ai giudici l’elezione dei propri rappresentanti, una decisione su cui le associazioni di magistrati si erano dette d’accordo. Ma il Psoe ha chiesto e ottenuto che l’elezione rimanga saldamente in mano al parlamento. Con i chiari di luna attuali, il timore (verificato dai fatti) è che una magistratura guidata da giudici di nomina esclusivamente politica, per giunta a maggioranza semplice, implichi una sostanziale impunità .
Ulteriore malessere deriva dalle misure di risparmio che hanno eliminato i giudici «interinali», figure di sostegno al lavoro dei giudici, e la tredicesima. La categoria ricorda che oggi la Spagna occupa il 36esimo posto in Europa per numero di giudici rispetto alla popolazione. Non basta: la protesta è anche contro l’aumento sproporzionato delle tasse giudiziali che avrebbe diminuito del 25% le liti giudiziarie perché impedisce ai più poveri di accedere alla giustizia.
Ultimo tema caldo quello dell’indulto. In Spagna è il governo a concedere l’indulto, i magistrati chiedono di modificare questa norma definita «arbitraria». Molti banchieri condannati per crimini fiscali e poliziotti condannati per tortura o violenza sono stati indultati dal governo socialista e da quello del Pp.


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