Pd, il duello è sul governo di scopo

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ROMA — Il vero oggetto del contendere nel Pd non è il governissimo. Nessuno ci crede e, soprattutto, nessuno lo vuole. Nemmeno quelli che aprono la porta al dialogo, come Dario Franceschini o Walter Veltroni.
Il braccio di ferro con Pier Luigi Bersani, che appare sempre più solo, e il resto del partito, renziani in testa, è su un altro obiettivo. Ossia sul governo di scopo o del presidente che dir si voglia che dovrebbe traghettare il Pd fino a novembre, o, al massimo, a febbraio, per poi andare alle elezioni con il sindaco di Firenze alla testa del centrosinistra.
Ma Bersani da questo orecchio, almeno per ora, non ci sente. Ha dalla sua il fatto che nessuno dei maggiorenti del partito intende pugnalarlo (metaforicamente, ben si intende). Il che vuol dire che il segretario, pur essendo sulla carta in minoranza in Direzione, può continuare ad andare avanti. Ed è esattamente quello che Bersani intende fare. Infatti, il segretario, che ieri ha avuto un chiarimento non facile con Franceschini, insiste con i suoi ragionamenti: «L’alternativa tra elezioni e grande coalizione non esiste. E non esistono nemmeno compromessi al ribasso. Mica vogliamo regalare l’Italia a Grillo!».
Ma seppur determinato, il leader del Partito democratico si rende perfettamente conto che la strada che ha imboccato è accidentata: «C’è qualcuno che vuole che salti tutto», confida ai suoi il segretario. Che non è molto lontano dal vero. C’è un gran movimento nel Pd. All’orizzonte sembra affacciarsi un’operazione che spariglierebbe tutte le carte. E costringerebbe Bersani alla resa. È un’operazione che si gioca tutta sul campo dell’elezione del presidente della Repubblica. Renziani, giovani turchi (sebbene non tutti) e altri esponenti del Pd stanno pensando a una candidatura al Quirinale innovativa: quella della presidente della Camera Laura Boldrini.
È una mossa azzardata che costringerebbe Sel ad assecondare l’operazione e metterebbe in imbarazzo i grillini. Quanti di loro, a scrutinio segreto, voterebbero per Boldrini? Ancora è solo un abbozzo di idea (infatti resiste ancora l’altra opzione, quella Prodi), ma ci stanno lavorando in molti. La carta della donna è una carta astuta, tant’è vero che vuole giocarla anche il Pd «ufficiale», come ha annunciato Enrico Letta, che però non ha fatto nomi (Anna Finocchiaro?).
Nel frattempo continua il «corteggiamento» nei confronti di Renzi da parte dei maggiorenti del Pd. Massimo D’Alema giovedì sarà  a Firenze, per un convegno all’Università  e non è escluso che incontri il sindaco del capoluogo toscano. A domanda precisa, Renzi svicola e risponde così: «Non so, io non vado al convegno e forse sono a Roma quel giorno. Ma se torno in tempo gli offro volentieri un caffè a palazzo Vecchio, come prescritto dal cerimoniale per gli ex premier». Il sindaco di Firenze non esclude quindi l’incontro con il «nemico» rottamato. Del resto, ormai, Renzi si muove come un vero e proprio leader politico. Ruolo che assolverà  anche alla Camera, dal 18 aprile, se, insieme al presidente della Regione Enrico Rossi, farà  parte della delegazione toscana dei grandi elettori.
Già  adesso i parlamentari del Pd scommettono su chi avrà  il maggior seguito di giornalisti nel Transatlantico di Montecitorio: Renzi o Bersani? In attesa di sapere chi vincerà  la scommessa, il segretario prepara la rimonta mediatica. Per sabato infatti è prevista una manifestazione del Pd contro la povertà . Ma pare che anche questa volta il segretario rifugga la piazza. L’iniziativa, infatti, dovrebbe tenersi in un teatro romano. E non sembra convincere tutti: in molti big la diserteranno.


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