Da Parigi a Madrid, per sei Paesi scatta la tregua sui conti pubblici
Ben sei Paesi membri hanno ottenuto più tempo per rientrare nel limite del 3% nel rapporto debito/Pil proprio per poter attuare investimenti espansivi. Francia e Spagna hanno preso i due anni che volevano. La stessa dilazione è stata concessa alla Slovenia, scivolata in una crisi profonda. A sorpresa due anni sono stati attribuiti anche alla Polonia, che sembrava rinvigorita dall’arrivo dei fondi comunitari. Un anno è andato al Portogallo, che stenta a risalire dopo le misure di austerità imposte dal piano di salvataggio Ue. Un anno in più per il rientro del deficit è stato ritenuto necessario perfino per l’Olanda, che tradizionalmente fa parte – con Germania e Finlandia – dei Paesi più rigorosi nel pretendere dagli Stati mediterranei il rispetto degli impegni nei conti pubblici. L’Italia non poteva avanzare richieste fino alla chiusura della procedura per deficit eccesivo. Ora può trattare con Bruxelles maggiori margini di spesa sulla scia dei sei Paesi già accontentati. La Commissione ha messo le mani avanti, chiarendo che il debito pubblico oltre il 130% del Pil e i pagamenti degli arretrati alle imprese lasciano margini «molto stretti» all’Italia. Ma vari governi dell’eurozona non intendono più subire vincoli recessivi e impopolari da Bruxelles. L’ha chiarito il presidente francese Franà§ois Hollande, che ha preso i due anni di proroga sul deficit e, subito dopo, ha specificato che «la Commissione europea non può dirci cosa dobbiamo fare» nelle politiche di spesa.
Ivo Caizzi
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