Supercommissario alla spending review con Fiamme Gialle e accesso a tutti i dati

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L’emendamento prevede la costituzione di un «comitato interministeriale », presieduto dal premier Letta e di cui faranno parte quattro ministri: Saccomanni (Economia), Alfano (Interni), D’Alia (Pubblica amministrazione), Franceschini (Rapporti con il Parlamento) oltre al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Patroni Griffi. Il compito del «comitato interministeriale» sarà di coordinare l’azione di «riordino della spesa pubblica e del miglioramento della qualità dei servizi».
Le aree di intervento sono dettagliate dal provvedimento approvato ieri in Commissione Bilancio della Camera dopo una seduta fiume durata quindici ore: revisione dei programmi di spesa; trasferimenti alle imprese; razionalizzazione dei servizi; ridimensionamento delle strutture; riduzione delle spese per beni e servizi; ottimizzazione dell’uso degli immobili. Il «comitato» avrà poteri anche sulle società controllate dallo Stato. Resta da vedere se avrà poteri sui costi della politica e sulla sanità.
Ma sono soprattutto i poteri del supercommissario, che guiderà l’attività del «comitato» e sarà nominato su proposta di Saccomanni, la novità rispetto al passato: oltre alla possibilità di ricorrere alla Guardia di Finanza per «ispezioni e verifiche», il nuovo «Mr. Forbici» (incarico che nella passata legislatura era stato svolto da Enrico Bondi che lavorò gratuitamente) avrà il «diritto» di pretendere dai ministri «informazioni e documenti » e dia avere «collaborazione » per l’adempimento delle sue funzioni inoltre potrà accedere a «tutte le banche dati» delle amministrazioni pubbliche. Infine opererà in «piena autonomia e con indipendenza di giudizio e valutazione ». Godrà anche di uno stipendio di 250 mila euro annui, oggetto delle contestazioni dei «grillini ».
Una serie di poteri che sembra siano stati chiesti dallo stesso Piero Giarda che durante il governo Monti aveva ideato la struttura della spending review (aveva individuato 295,1 miliardi di spesa «aggredibile») e che si era scontrato con le resistenze della burocrazia della Ragioneria dello Stato ma anche dei singoli ministeri di spesa, come la Difesa e i Trasporti. Potrebbe essere lo stesso Giarda, che durante la passata legislatura, aveva lasciato la scena a Enrico Bondi, ad essere nominato dal governo «supercommissario».
Il decreto «del fare» tuttavia, se da una parte propone razionalizzazioni della spesa, dall’altra sembra esposto al rischio di un nuovo assalto alla diligenza, tant’è che si parla di ricorso alla fiducia. Nel testo il «salvataggio» della Croce Rossa con un «prestito » di 150 milioni da parte del Tesoro, l’allargamento ai professionisti dei benefici del fondo di garanzia per le piccole imprese, uno sconto del 30 per cento per chi paga le multe entro cinque giorni dalla contestazione. Si stabilisce
inoltre che i Comuni potranno anticipare per tutto il 2014 alle società private vincitrici di appalti il 10 per cento dell’importo contrattuale.


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Le motivazioni della sentenza dividono ancora

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MODELLO POMIGLIANO
Una sentenza double face, come del resto è la legislazione italiana in materia di lavoro. Il giudice del Tribunale di Torino ha despositato ieri, direttamente nelle mani delle parti, le motivazioni della sentenza con cui aveva ammesso la legittimità  degli accordi noti come «modello Pomigliano» e al tempo stesso condannato la Fiat per comportamento antisindacale, avendo questa escluso la Fiom tra le rappresentanze ammesse in azienda.

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