Il Pd ribolle. Letta costretto a mediare

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ROMA — L’ora «x» è fissata per le 20.15 e sarà allora che il Pd, nel chiuso di Montecitorio, dovrà decidere la linea sulla Cancellieri. Fiducia o sfiducia? Il partito del premier non ha sciolto la riserva, tanto che Enrico Letta sta pensando di partecipare a una assemblea del gruppo che si annuncia cruciale. «Se tu me lo chiedi non ho alcun problema a metterci la faccia», ha fatto sapere a un Guglielmo Epifani che continuava a prendere tempo.
Nervosismo, preoccupazione, tensione alta. Nel pomeriggio tra i renziani c’era persino chi apriva alla possibilità di votare la mozione di sfiducia dei 5 Stelle. Ipotesi che il braccio destro di Matteo Renzi, Luca Lotti, smentisce con forza: «Votare con i grillini? Non esiste». Ma intanto la mina della sfiducia è sul tavolo e tra Palazzo Chigi e il Nazareno si lavora sodo per disinnescarla. Pippo Civati sta cercando 60 firme per la sua mozione in cui chiede un passo indietro del ministro, e si appella a Renzi e Cuperlo perché si schierino con nettezza. Ma la posizione dei due favoriti alle primarie è più cauta. Il sindaco vuole le dimissioni, però non sembra orientato a strappare: «Il ministro deve lasciare, l’ho detto e lo confermo. Ma se Epifani prende una posizione chiara, io la rispetto». Anche Cuperlo ritiene «pericoloso» arrivare in assemblea senza un accordo e chiede al premier di non scaricare il problema Cancellieri sul Pd. I democratici pressano Letta e il premier rimanda la palla in largo del Nazareno: «Stasera capiremo meglio gli umori del gruppo, alla luce dei chiarimenti di Caselli».
Se Epifani arriva in assemblea senza una proposta su cui votare, si rischia il caos. Aprire le danze senza un’intesa di ferro è rischioso per la tenuta del partito e del governo. «Si deciderà tutti insieme», è la posizione del segretario. E il capogruppo Roberto Speranza è ottimista: «Pensare che il Pd voti contro il premier è inimmaginabile».
Le dichiarazioni dei renziani alla stampa raccontano un altro clima. Nadia Ginetti: «Cancellieri è indifendibile». Gentiloni: « Il Pd voti un documento per chiedere a Letta di valutare le dimissioni del ministro». Realacci: «Non è più come la moglie di Cesare, che deve essere e sembrare onesta…». Un pressing che rischiava di diventare insostenibile per Palazzo Chigi. Ma il premier, determinato a gestire il caso con «rispetto, trasparenza e rigore», non accetta che a decidere le sorti di un ministro «competente e stimato» sia «una campagna di stampa non alimentata da alcun elemento oggettivo» e cambierà idea solo «di fronte a fatti nuovi».
Letta, che ieri non ha visto né sentito la Cancellieri, sta mediando su due fronti. Da una parte il Pd e dall’altra Angelino Alfano. Una partita doppia e due parole chiave, alternative l’una all’altra: «blindare» o «sostituire». Con Epifani, Renzi e Cuperlo, il premier percorre la via della resistenza a oltranza, con la speranza che Cancellieri non abbia commesso abusi o omissioni. Con il vicepremier il tema del confronto è invece l’eventualità di doverla sostituire in corsa, scenario che Letta sta provando in ogni modo a scongiurare. Nel Pd si dice che il timore del premier sia aprire un varco al rimpasto di governo, innescando un pericoloso risiko delle poltrone. Ma a Palazzo Chigi smentiscono: «Sciocchezze». Eppure la girandola dei nomi si è messa in moto. Si parla di Giuliano Amato e di Michele Vietti. Ieri — dopo l’indiscrezione (poi smentita) del Financial Times , secondo cui la Cancellieri era pronta a dimettersi — i pronostici erano tutti per il vicepresidente del Csm.
Monica Guerzoni


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