In quella folla allo stadio un nuovo arcobaleno: la democrazia in marcia

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Ognuno di noi sapeva che quell’arrogante si sbagliava di grosso. Avevamo la convinzione profonda che la magia e la singolarità di quell’Uomo veramente Grande non erano esistite invano e avrebbero continuato a sostenere e nutrire il nostro spirito.
È bastato osservare come, in questi ultimi giorni, cittadini di ogni estrazione si sono raccolti per ricordare la vita e la morte di Madiba, per non sentirci soli nel lutto e per rafforzare la nostra fede nel futuro di questo meraviglioso ancorché travagliato Paese. È bastata l’immagine fugace di quel ragazzone bianco che stringeva un’anziana donna nera in lacrime nel suo abbraccio forte e affettuoso, una foto che ha fatto il giro del mondo, a esprimere molto di più delle proverbiali mille parole. Sappiamo tutti che la bella e saggia moglie di Madiba è stata fonte di amore e consolazione per il vecchio leader dal suo ottantesimo compleanno a oggi. Assieme, hanno saputo aggiungere una nuova dimensione alla magia di Madiba, e non ho dubbi che Graça Machel continuerà a svolgere la sua eccellente opera umanitaria.

Man mano che la presenza di Mandela svanisce dal palcoscenico mondiale dal giorno della sua morte — attesa, sì, ma pur sempre sconvolgente —, molti cambiamenti si sono resi necessari per preparare il Paese e il mondo a una nuova era. In Sudafrica occorre riesaminare l’era post apartheid, e così pure il governo di Jacob Zuma dovrà essere sottoposto a nuovo scrutinio, in vista delle prossime elezioni. La nazione è chiamata a decidere non solo chi saranno i membri del nuovo governo, ma che tipo di governo ci si dovrà aspettare. Negli ultimi mesi l’operato di Zuma è stato passato al vaglio, in seguito a nuovi scandali svelati dall’instancabile Public Protector, Thuli Madonsela, nelle sue indagini sul comportamento del presidente e dei suoi più stretti collaboratori. E questo riguarda in particolare il sospetto che abbia attinto a piene mani a fondi pubblici per la realizzazione di un palazzo faraonico a uso privato in una cittadina sperduta di nome Nkandla. Il progetto non potrebbe essere più lontano dai gusti frugali di Mandela, e appare ancor più vergognoso se si considera la miseria che affligge la stragrande maggioranza dei sudafricani neri.
I sudafricani non sono stupidi. Le esequie di ieri hanno smascherato questa ipocrisia nella reazione della folla a ogni riferimento a Zuma. Urla di scherno e schiamazzi sono stati l’assai tiepida accoglienza riservata all’accozzaglia di luoghi comuni travestiti da discorso funebre del presidente sudafricano, in marcato contrasto con l’entusiasmo e l’affetto che hanno salutato Obama, Ban Ki-moon, Raúl Castro. Persino il liberatore dello Zimbabwe, trasformatosi in dittatore, Robert Mugabe, ha ricevuto un’accoglienza più calorosa.
Trovarsi in presenza di Madiba faceva allargare le ali alla propria esistenza e tutto sembrava possibile. L’ultima volta che ci siamo parlati e ci siamo stretti la mano, mi sono congedato da lui con l’intima convinzione che la vita valeva la pena di essere vissuta, malgrado tutti gli ostacoli. Non possiamo più aspettarci di vedere all’opera la magia di Madiba, ma certamente abbiamo il diritto di aspettarci un pizzico di originalità, di creatività, un qualche segno di indipendenza di pensiero da chiunque aspiri a una posizione pubblica, e a maggior ragione se a una posizione di governo. Al Sudafrica non mancano né talenti né personalità di spicco. E allora perché sono proprio queste qualità a essere calpestate per prime non appena qualcuno dimostra interesse per l’impegno politico, specie nell’Anc? Come ha potuto l’Anc, che solo pochi decenni or sono ha conosciuto la guida carismatica di grandi personaggi, trasformarsi in così breve tempo nell’affossatore del talento, dell’energia e della speranza?
Ricordo ancora chiaramente quanto era bello, negli anni Settanta e Ottanta, viaggiare a Lusaka per andare a incontrare un capo dell’Anc in esilio, o recarsi in qualsiasi capitale del mondo per incontrarvi i capi dell’Anc in esilio. Ci si intratteneva con loro giorno e notte e ci si salutava con una doppia stretta di mano all’aeroporto, sapendo che ci si lasciava alle spalle dei nuovi amici ai quali si sarebbe rimasti legati per il resto della vita. Dov’è finito l’Anc di allora? Che ne è stato delle speranze e dei sogni e del nuovo mondo che tutti aspettavamo impazienti? Dov’è Mandela oggi? Com’è possibile che abbiamo tradito tutti costoro, che furono più vicini a noi di fratelli e sorelle, padri e madri?
Piangi, Paese amato.
Eppure, anche se non conosciamo ancora i loro nomi, tra la folla stipata nello stadio Fnb di Soweto, ieri, tra le urla e gli sberleffi che hanno accolto Zuma si coglieva l’eco di una democrazia fremente e vitale. Nel luogo che custodisce la memoria collettiva del primo discorso di Madiba a Johannesburg dopo la liberazione dal carcere, le tragiche scene al funerale di Chris Hani, l’orgoglio e la gioia delle vittorie del mondiale di calcio, e fece da sfondo all’ultima apparizione pubblica di Madiba, il popolo del Sudafrica ha alzato la voce del dissenso contro il governo Zuma e i suoi tradimenti. Sotto lo scrosciare della pioggia, sotto la benedizione dei nostri antenati con i quali Madiba si è ricongiunto, le migliaia che sono venuti a ricordare le sue grandi conquiste ne hanno aggiunta un’altra, la propria. Madiba non aveva mai avuto paura di dire la verità al potere e il popolo ha seguito il suo esempio. La reazione della folla alla presenza del presidente Zuma è stata più eloquente dei successi della nostra ancor fragile democrazia. Quelle voci del dissenso sono state come un raggio di sole che ha squarciato le nubi addensate sullo stadio. E dove pioggia e sole si incontrano, scaturisce l’arcobaleno.
(Traduzione di Rita Baldassarre)


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