L’estate dei “ No Tav ” non prevede vacanze

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La bat­ti­tura delle reti del can­tiere è ini­ziata da un pezzo. Un ritmo inces­sante, sem­pre uguale, che rim­bomba nei boschi. Dall’altra parte della recin­zione, la poli­zia blocca il pas­sag­gio del cor­teo che si divide in due. Un gruppo di No Tav appende una ban­diera pale­sti­nese alla grata. Nero, bianco e verde e il trian­golo rosso sulla sini­stra. Non è solo un gesto di soli­da­rietà, ma un gemel­lag­gio ideale con una popo­la­zione che sof­fre da troppo tempo: «Siamo entrambi in lotta, ma per for­tuna il nostro cielo è libero da bombe e mis­sili», sot­to­li­nea Nico­letta Dosio, uno dei volti più noti del movimento.

Que­sta è forse l’immagine sim­bolo della mar­cia popo­lare No Tav che ieri da Gia­glione a Chio­monte ha attra­ver­sato i boschi della val Cla­rea. Un ser­pen­tone cor­poso – qual­che migliaio di per­sone – e, come da tra­di­zione, ete­ro­ge­neo per età ed estra­zione sociale. Ancora una volta, la Val di Susa ha ripe­tuto il suo «no» alla Torino-Lione e un altro «no» alla cri­mi­na­liz­za­zione del movi­mento: «La Val­susa paura non ne ha», è stato lo slo­gan più get­to­nato. Ma soprat­tutto è emersa la voglia di riba­dire la buona salute di un movi­mento più che ventennale.

A Ser­gio Chiam­pa­rino, pre­si­dente della Regione Pie­monte, che aveva detto «basta con la reto­rica del popolo No Tav buono e paci­fico», gli atti­vi­sti hanno rispo­sto: «Si ras­se­gni Chiam­pa­rino. Il popolo No Tav non ha mai smesso di lot­tare e non smet­terà di farlo». Pre­senti in mar­cia diversi con­si­glieri e par­la­men­tari del M5S, tra cui Marco Sci­bona, Laura Castelli e Ivan Della Valle: «La mani­fe­sta­zione paci­fica di oggi è la migliore rispo­sta alle far­ne­ti­ca­zioni di Chiam­pa­rino. Migliaia di cit­ta­dini che mar­ciano insieme per far valere i pro­pri diritti. È que­sto il vero volto del movi­mento No Tav. Adesso chi rac­conta fal­sità sulla Val di Susa e su coloro che la difen­dono deve fare i conti con la realtà».

A metà per­corso, prima del tor­rente Cla­rea, il cor­teo si è diviso in due, a causa del blocco deciso dalle forze dell’ordine. Un gruppo di atti­vi­sti è rima­sto in basso a pre­si­diare le recin­zioni e a bat­tere sulle grate. Lo spez­zone più grande ha pro­se­guito il tra­gitto, arram­pi­can­dosi lungo il sen­tiero che sale verso Ramat in dire­zione Chio­monte. Alcuni No Tav del primo pre­si­dio hanno supe­rato i jer­sey, posti dalla poli­zia, e si sono sdra­iati davanti alle forze dell’ordine schie­rate in assetto anti­som­mossa. «Via, via. La Val­susa non vi vuole. Rispet­tate l’articolo 11 della Costi­tu­zione, non por­ta­teci la guerra qui tra le montagne».

Turi Vac­caro, paci­fi­sta di lunga data, ha improv­vi­sato un bal­letto davanti agli agenti. Le ban­diere con il treno cro­ciato e quelle pale­sti­nesi si sono mischiate attorno alle reti, a testi­mo­niare un legame non estem­po­ra­neo. Pochi giorni fa a Bus­so­leno si è svolto un pre­si­dio per Gaza orga­niz­zato dai No Tav e dalla comu­nità araba locale.

La seconda parte del cor­teo ha costeg­giato e supe­rato il can­tiere della Mad­da­lena, dove si sta rea­liz­zando un cuni­colo esplo­ra­tivo della Torino-Lione, arri­vando così in loca­lità Garella, a Chio­monte. Nei boschi della Cla­rea è stata posta una targa in memo­ria di Guc­cio, No Tav e com­pa­gno dei col­let­tivi mila­nesi, morto sui­cida lo scorso inverno.

L’estate No Tav con­ti­nua con il cam­peg­gio che quest’anno non è più a Chio­monte ma a Venaus. L’opposizione all’opera resta alta anche al di là delle Alpi. François-Michel Lam­bert, depu­tato verde e vice pre­si­dente della «Com­mis­sione svi­luppo soste­ni­bile e pia­ni­fi­ca­zione» dell’Assemblea nazio­nale fran­cese, ha recen­te­mente dichia­rato: «Que­sta fol­lia eco­no­mica costa 2 volte più cara del tun­nel sotto la Manica, anche se tra­sporta 3 volte meno merci e 14 volte meno pas­seg­geri. Lo sapete che con solo il 10% dei finan­zia­menti asse­gnati alla Torino-Lione saremmo in grado di moder­niz­zare tutti i treni merci del nostro paese? Pos­siamo dav­vero per­met­terci di spen­dere oggi 26 miliardi di euro anche se c’è già una linea fer­ro­via­ria che segue esat­ta­mente lo stesso per­corso e che pos­siamo rin­no­vare a un costo 100 volte meno caro?».



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