Non Una Di Meno. Una marea manifesta a Roma

Non Una Di Meno. Una marea manifesta a Roma

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ROMA. Erano migliaia anche quest’anno, le donne, le ragazze, le bambine insieme a molti altri. Collettivi, gruppi autonomi, centri antiviolenza, case delle donne, singoli che non si mostravano curiosi come l’anno scorso ma sapevano esattamente dove si trovassero. Di tutte le età, di tutti gli ambienti, nessuna bandiera di partito a rivendicare prelazioni. Solo una voglia incredibile di esserci, sorridere e gridare. Grida forte, ti si sente di più. Anzi, canta – come in molte hanno fatto dal camion da cui si leggevano testimonianze arrivate da compagne di tutto il mondo. Non Una Di Meno è un progetto globale, anche ieri si è percepito nitidamente.

NEL SUO «GLI USI DELLA RABBIA», Audre Lorde fa una operazione piuttosto interessante ovvero segnala come la rabbia sia, a tutti gli effetti, un sentimento politico preciso, trasformativo che non va sottovalutato.

Ieri a Roma la manifestazione nazionale organizzata da Non Una Di Meno è stata una ennesima marea in cui alla gioia, i colori e la vastità di donne e uomini presenti si aggiungeva anche quella rabbia di cui sopra, «è un dolore di distorsione», diceva Lorde – femminista, lesbica, nera e madre – e il suo obiettivo è il cambiamento. Molto diverso dall’odio che è «la furia» il cui fine è la morte e la distruzione.

Tra le donne che, partite da piazza della Repubblica hanno attraversato la città per arrivare poi in serata in piazza San Giovanni in Laterano, vi era un ritmo diverso rispetto l’anno scorso; entusiasmo, potenza propulsiva ma anzitutto la pazienza con cui in questo anno le assemblee territoriali hanno lavorato. Si sentiva tutta questa pazienza che lentamente aveva spillato la rabbia per renderla una importante fonte di rafforzamento reciproco. Si avvertiva anche che, nel processo cominciato più di un anno fa, alcune avevano deciso di trovarsi nelle piazze dei propri territori.

CIÒ NON INDICA una diminuzione della dirompenza bensì una diffusione maggiore delle pratiche politiche che, proprio nei territori in cui hanno attecchito, hanno altrettanto deciso di fare i conti. Con le singole materialità, intrecciandosi con altre situazioni – differenti per ogni contesto.

Così, se si racconterà della piazza romana di un numero di partecipanti inferiore rispetto all’anno scorso, si spera almeno lo si faccia segnalandone la maggiore struttura, la più salda e matura capillarità.

La giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne si è tinta di fucsia, una marea tempestosa e divertente dotata, tra le altre cose, di moltissimi palloncini che svettavano tra le strade della capitale in cui risuonava l’hashtag #lacasasiamotutte, mostrando l’ampio sostegno che la Casa internazionale delle Donne di Roma ha avuto dal movimento e da chiunque abbia un minimo di contezza politica sul suo valore; vedere quei palloncini agitati significa che il tentativo di sfratto non avverrà mai, non sarà possibile. Anche questo è un modo di mettere al lavoro la propria rabbia, facendone arretrare le insidie – del resto già decostruite da 40 anni di femminismo e politica delle donne. Per tenere invece stretto e con sé un contare che sa di sé. La genealogia regge, il tessuto relazionale anche. Così come la presenza di molti più uomini e ragazzi che hanno sfilato accanto alle proprie figlie e amiche. Davano l’idea di essere molto meno intimiditi rispetto al 2016 ma consapevoli anche loro dei percorsi che, in molte circostanze, i vari gruppi di Non Una Di Meno a livello locale hanno inteso praticare senza separatismo.

LE DONNE NON SONO VITTIME, smettetela con la narrazione patetica e distorta di chi non ce l’ha fatta e cominciate a raccontare della nostra forza. Anche di chi ha deciso di uscire dalla violenza. Di chi vuole restare viva e lottare. Siamo forti. E libere, abbiamo un piano. Questi alcuni degli slogan presenti insieme ad altri – ridondanti e precisi – come per esempio quelli riferibili alla libertà femminile e, in quanto tale, guadagno per tutti o quell’altro delle streghe e delle pronipoti che ancora non sono state bruciate e mai lo saranno. E di fiamme mai spente si è scritto anche in un altro striscione: «Fuoco cammina con me» che occhieggia a Laura Palmer nel capolavoro di David Lynch e che restituisce forse meglio di molte altre parole un’altra cifra che corrisponde alle donne e in particolare al femminismo: l’inesorabilità. È impossibile fermare la sua mareggiata, così come è difficile seppellire ciò che emerge dalla manifestazione di ieri. Intanto un punto di inaggirabilità riguardo il Piano antiviolenza diffuso nelle sue 57 pagine e che sarà tutto da discutere ma che c’è e fa la differenza, poi il radicamento con i centri antiviolenza nei territori che sono l’altra anima di una strada più lunga, il nerbo dell’esperienza che moltiplica un assunto irriducibile: per smontare la violenza maschile contro le donne non è più tempo di fare orecchie da mercante escludendo proprio chi nei centri e nelle case-rifugio lavora da decenni.

Le donne per le donne, si diceva. L’esperienza per tenere il punto sul tragitto che si sta configurando, si aggiungerà. Per non sbandare e per sapere che Non Una Di Meno ha saputo orientare migliaia di desideri. Sono desideri di politica, parole di libertà, quando di quella rabbia si è fatto già tesoro, e si dice no all’odio.

FONTE: Alessandra Pigliaru, IL MANIFESTO



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