Migranti. Accuse di torture e abusi d’ufficio, due esposti contro il Cpr di Milano

Migranti. Accuse di torture e abusi d’ufficio, due esposti contro il Cpr di Milano

Loading

La denuncia. Dopo la visita di una delegazione composta dai senatori Gregorio De Falco (gruppo misto) e Simona Nocerino (5 Stelle) con esperti della rete «Mai più lager-No ai Cpr»

Nello schermo della videosorveglianza interna un uomo in un cortile si fa dei tagli su tronco e braccia, mentre in un corridoio vicino agenti anti-sommossa si preparano a intervenire. La sequenza è avvenuta nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Milano, ma riflette la quotidianità anche degli altri Cpr. Ne abbiamo notizia solo perché è stata vista dalla delegazione composta dai senatori Gregorio De Falco (gruppo misto) e Simona Nocerino (5 Stelle) che, con esperti della rete «Mai più lager-No ai Cpr», è entrata nella struttura il 5 e 6 giugno scorsi. Quei fotogrammi aprono il rapporto Delle pene senza delitti. Istantanea del Cpr di Milano, reso pubblico ieri contestualmente alla presentazione di due esposti presso la Procura del capoluogo lombardo.

Il primo ipotizza il reato di lesioni e tortura aggravata in concorso per dei pestaggi che, secondo le testimonianze dei reclusi, sarebbero avvenuti nel centro il 25 maggio 2021. Una «smazzoliata» nelle parole di un dipendente dell’ente gestore. Il secondo verte sul rifiuto di atti d’ufficio e chiede il sequestro preventivo del centro per l’indisponibilità di accesso alle cure sanitarie specialistiche. Le ragioni di accuse così gravi sono contenute nelle 90 pagine del rapporto, che disegnano i contorni di una struttura degna di un film horror.

Nel Cpr i reclusi abusano di psicofarmaci, ingeriscono cibo avariato, possono chiamare gli operatori solo prendendo a calci una porta, tentano il suicidio o si infliggono continuamente dei danni fisici. Una «struttura inutile e costosa» che nella metà dei casi fallisce perfino nel suo obiettivo di rimpatriare le persone (nel 2020: 2.232 rimpatri su 4.387 detenzioni in tutti i Cpr). «La questione da porsi è se una società civile possa tollerare un prezzo così alto, in termini di lesioni di diritti e dignità della persona, ma anche economico, per un’azione che in definitiva ha più un fine politico-simbolico che concretamente operativo», chiede il rapporto

* Fonte: Giansandro Merli, il manifesto



Related Articles

Rwanda: la rinascita è donna

Loading

rwanda

Béata Uwase il 7 aprile del 1994 era poco più che una bambina. Quel giorno, in un colpo solo, ha perso più di venti membri della sua famiglia, massacrati dalla furia genocidaria. Lei è scampata per miracolo.

La farsa della giustizia egiziana: in 152 condannati in 10 minuti

Loading

Egitto. Ai manifestanti del 25 aprile dai 2 ai 5 anni di prigione. In galera anche i presunti assassini del francese Lang, ma la corte non spiega le torture. Approvato ieri il disegno dei legge sui media

A processo in Svezia i boia iraniani per il massacro del 1988

Loading

Iran. A Stoccolma comincia il procedimento per fare luce sull’uccisione di migliaia di detenuti di sinistra nel 1988 in Iran. A scegliere chi mandare a morte c’era anche l’attuale presidente Raisi

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment