Pakistan, l’ex premier Imran Khan libero su cauzione

Pakistan, l’ex premier Imran Khan libero su cauzione

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In caso di arresto (con l’accusa di terrorismo) migliaia di suoi sostenitori erano già pronti a impedirlo. Intanto il Paese dei puri è alle prese con una vera emergenza: piogge monsoniche da record

 

Mentre il Pakistan è attraversato dagli effetti di inondazioni che hanno già causato almeno 900 vittime e la ministra Marriyum Aurangzeb ha chiamato il disastro derivato dalle torrenziali piogge monsoniche «un’emergenza nazionale», ieri è andato in scena anche un altro capitolo che non sconvolge l’ambiente ma la politica pakistana da che il primo ministro Imran Khan è stato sfiduciato dal parlamento quattro mesi fa.

Giovedì mattina l’ex premier è dovuto andare in tribunale con due capi d’accusa per violazione della legge sul terrorismo. Ma le acque, molto agitate alla vigilia, si sono subito calmate quando il tribunale, che già gli aveva garantito sino a ieri una cauzione preventiva, l’ha riconfermata rimandando la cosa più temuta non solo da Imran: il suo arresto.

I GIUDICI Raja Jawad Abbas Hassan e Tahir Abbas Supra gli hanno rispettivamente confermato due nuove cauzioni provvisorie: una fino al primo settembre contro una fideiussione di 100mila rupie (1.270 euro) e una fino al 7, altre 5mila. In caso di arresto il partito di Khan aveva già chiamato la piazza per impedirlo.

Non si sa se la decisione dei magistrati abbia favorito di più l’ex campione di cricket prestato alla politica o non piuttosto i suoi rivali: i due partiti che lo hanno buttato fuori dal parlamento e che ora governano in coalizione tenendo a bada un movimento di piazza tumultuoso che chiede nuove elezioni. Figurarsi se Imran venisse arrestato.

Tutto è iniziato in aprile quando la sfiducia in parlamento ha estromesso Khan dalla carica di premier segnando la vittoria del clan punjabi degli Sharif (Lega musulmana-N- Pml.N) e di quello sindhi dei Bhutto (Partito popolare del Pakistan Ppp).

Le cause della sfiducia non sono chiare: secondo Imran è un complotto ordito dai suoi nemici su istigazione americana per le sue aperture a Cina e Russia (dove si era improvvidamente recato nei primi giorni dell’invasione dell’Ucraina). Popolari e Lega (Shehbaz Sharif è l’attuale premier) gli rimproverano invece una politica populista e il disastro di un’economia su un abisso che qualcuno ha paragonato a quello dello Sri Lanka.

I MILITARI hanno giocato un ruolo ambiguo: prima lo avrebbero appoggiato, quando divenne premier nell’agosto 2018, poi lo avrebbero abbandonato dimostrando di non essere affatto neutrals come la forze armate amano essere ritratte e che lo stesso Imran ha pubblicamente accusato di partigianeria.

Ma il tribunale lo ha comunque accusato di altro: per le dure critiche pubbliche a una donna giudice e a un funzionario di polizia e per aver violato un divieto di riunione. Quando si è saputo che rischiava l’arresto per terrorismo (accusa che a molti è sembrata eccessiva) la sua abitazione è stata circondata da migliaia di manifestanti pronti a impedirlo.

Gli stessi che in questi mesi, da aprile, hanno riempito strade e piazze a sostegno di un uomo ancora molto popolare tanto che il suo partito ha vinto – in luglio e in agosto – ben due elezioni suppletive in Punjab e nel Sindh, territori dei suoi nemici.

LA VERA EMERGENZA ora però riguarda le inondazioni. Mentre gran parte del mondo soffre la siccità, il Paese dei puri se la vede con le piogge stagionali davvero in eccesso: Islamabad, da mesi sull’orlo del default, non ha abbastanza soldi per farvi fronte e chiede alla gente di fare versamenti privati. Ma se la politica sembra avere altre priorità c’è chi lamenta la differenza tra le due emergenze.

Un editoriale di Dawn, giornale progressista pakistano, ha messo il dito nella piaga: «Mentre una calamità naturale travolge il Pakistan, molti membri della classe politica rimangono preoccupati per le loro lotte di potere. Quasi l’intera nazione è stata colpita da piogge monsoniche da record, inondazioni e conseguente miseria, con Beluchistan, Sindh e Punjab meridionale tra i più colpiti. Ma l’attenzione del governo, dell’opposizione e di parte dei media è sui repellenti giochi di potere che si svolgono a Islamabad e Lahore».

* Fonte/autore: Emanuele Giordana, il manifesto



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