La sfida dell’attivista cieco

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Era agli arresti domiciliariÈ scappato dagli arresti domiciliari, è riuscito a indirizzare un video-messaggio con tre richieste rivolte direttamente al premier Wen Jiabao e si è rifugiato in un «luogo sicuro al 100%», probabilmente l’ambasciata statunitense a Pechino. Chen Guangcheng, l’attivista cieco che si batte contro la politica del figlio unico e gli aborti forzati in Cina, ha giocato un tiro mancino al governo, già  alle prese con lo «scandalo Bo Xilai», l’ex segretario del partito comunista di Chongqing recentemente epurato e al centro di un’imbarazzante inchiesta per corruzione e omicidio di un uomo d’affari britannico scattata a pochi mesi dal 18° Congresso del Pcc.
Chen, uno degli attivisti più conosciuti in Cina e all’estero, sarebbe riuscito a fuggire domenica scorsa dalla casa dove era confinato a Dongshigu – nella provincia dello Shandong – e a mettersi in salvo nella capitale. Una fuga certamente non facile considerando la sua condizione di non vedente e le strette misure di sorveglianza a cui era sottoposto (l’ultimo suo sostenitore a essere stato respinto era stato qualche mese fa Christian Bale, l’attore statunitense di Batman che voleva rendergli visita per esprimergli solidarietà ).
Chen, nel suo messaggio trasmesso ieri da Boxun.com (un sito internet di dissidenti cinesi negli Stati Uniti) ha chiesto al primo ministro Wen un’indagine sui pestaggi che membri della famiglia dell’attivista avrebbero subito più volte; che venga garantita l’incolumità  dei suoi parenti; che i casi di corruzione in Cina siano puniti secondo la legge. Chen ha concluso chiedendo a Wen Jiabao, considerato “il riformista” per eccellenza all’interno del Pcc, di indagare sul fatto che i suoi carcerieri affermavano d’agire per conto del Pcc e di spiegare «con chiarezza» ai cittadini questa circostanza.
Hillary Clinton – la paladina della libertà  e del mercato (se necessario esportati con le armi, dal Medio all’Estremo Oriente) sarà  nella Repubblica popolare la prossima settimana. Il segretario di Stato Usa è una sostenitrice di Chen, del quale ha chiesto più volte la liberazione.
Mentre scriviamo si parla insistentemente di un annuncio del Dipartimento di Stato Usa – che dovrebbe esprimersi su un’eventuale richiesta di asilo politico in Nord America – atteso in serata a Washington (durante la notte in Italia). Sia come sia, la vicenda di Chen potrebbe assumere una valenza fortemente politica, nell’ambito dei rapporti bilaterali tra Stati Uniti e Cina, a pochi mesi dal ricambio dei vertici politici nella prima e nella seconda economia del Pianeta.
Chen, conosciuto come “l’avvocato scalzo” perché non ha potuto ricevere una formazione giuridica a causa della sua condizione di cieco, aveva denunciato circa 7000 casi di aborti forzati o sterilizzazioni ad opera di funzionari del Partito nella provincia dello Shandong. La storia di Chen Guangcheng ha attratto una vasta attenzione in China e all’estero poiché si è schierato a fianco di disabili, agricoltori, comunità  rurali e altri gruppi svantaggiati, fin dalla fine degli anni ’90. Il tema della giustizia sociale è sempre stato a cuore a Chen, che nel 2006 era stato rinchiuso dalla polizia in un centro di detenzione segreto, al quale né la famiglia né il suo avvocato hanno potuto avere accesso. Chen era stato accusato di «danni intenzionali a proprietà  altrui e organizzazione di una manifestazione per bloccare il traffico». Il processo che ne seguì, nell’agosto 2006, gli inflisse una condanna a 4 anni e 3 mesi di prigione. Al suo avvocato fu proibito di assistere al procedimento penale. In seguito a una richiesta di appello, il 31 ottobre 2006 fu indetto un nuovo processo al Tribunale popolare della prefettura di Yinan, nella provincia dello Shandong. Il 29 novembre dello stesso anno, Chen venne dichiarato colpevole per le stesse imputazioni e condannato allo stesso numero di anni di prigione. Le successive richieste di appello furono rifiutate, e informazioni di pressioni sugli avvocati vennero a galla. Dopo il rilascio nel settembre del 2010, sia Chen che la sua famiglia avrebbero subito pesanti abusi e restrizioni, nell’ambito di una sorveglianza costante da parte delle autorità  che – accusano le organizzazioni per la difesa dei diritti dell’uomo – in questo caso non era prevista dalla legge.


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