Gli scafisti tunisini fanno gli sconti

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ZARZIS (Tunisia) — Il battello è quasi al completo: 280 «prenotazioni» per la partenza all’alba, rotta su Lampedusa. La macchina dell’immigrazione clandestina, per ora, non si ferma. Anzi l’accordo sulla «gestione dei flussi» tra Italia e Tunisia sembra spingere le organizzazioni ad aumentare i giri. F. è uno dei trafficanti che presidia il porto di Zarzis. Chiede l’anonimato e poi comincia a raccontare: «Ho saputo che i migranti partiranno da qui fino a lunedì prossimo, poi si fermerà  tutto» . E ancora: «Qui stanno finendo i battelli. Ce ne sono ancora cinque» . Ecco perché «i padroni» cominciano a comprare fuori piazza, risalendo lungo la costa fino a Gabes, Sfax, Monastir. Prezzi più bassi, tempi più stretti, meno barche: sembra quasi la stagione dei saldi. Si vedrà  se saranno davvero quelli di fine stagione. Intanto le auto a noleggio dei trafficanti (tutte «Renault Symbol» color grigio) continuano a rastrellare quel poco di «clientela» rimasta a Zarzis. I 10-15 boss del mercato stanno mettendo sotto pressione la rete degli intermediari, da Nord a Sud. Telefonate continue, Facebook e alla fine contatti diretti sul posto per mandare all’avventura altri giovani, tutti disperatamente spavaldi e irrimediabilmente spaventati. Come Nassef Mejeri, 21 anni, e Anis Khelifi, 23. Si sono fatti insieme oltre 600 chilometri in pullman per lasciarsi alle spalle il villaggio di Gammarth, sulla costa più ricca (ma evidentemente per pochi) a nord di Tunisi, e aspettare la notte in un rustico ammacchiato tra le ville e i grandi alberghi di Zarzis. Sono nella lista dei partenti anche se non hanno messo insieme la somma richiesta per il «passaggio» : 900 euro, quasi la metà  rispetto a un mese fa. Nassef, che lavora a bottega da un meccanico per biciclette a 7 euro e mezzo alla settimana, ne ha solo 300; Anis, che invece non fa niente, ma ha una parentela più solida alle spalle, si presenta con 400 euro. Il «passeur F.» li ha convinti a provare lo stesso e ora è certo che partiranno insieme con altri undici suoi «clienti» in arrivo da Tunisi, alcuni addirittura con il volo per Djerba del pomeriggio. Un altro carico di tunisini, «assistito» come sempre da 30-40 galoppini armati di machete e bastoni, starebbe per lasciare il porto dei pescatori. Qualcuno li fermerà ? Lo Stato maggiore della Difesa italiana ha annunciato che, da ieri sera, la corvetta Minerva ha avviato «le operazioni di sorveglianza e di monitoraggio delle acque territoriali tunisine» , appoggiato da un aereo ricognitore. Da parte loro, le forze dell’ordine locali hanno tentato qualche timida sortita subito dopo l’accordo con l’Italia. La polizia ha perquisito alcune casa-rifugio; due-tre jeep della Guardia nazionale si sono affacciate sulla spiaggia. Poco altro, in verità . Ma c’è una strana inquietudine che attraversa la città . Voci contraddittorie, che cambiano come il vento di queste ultime ore: il freddo Maestrale (fermi tutti, arrivano i controlli) si mescola alla brezza da Sud-Est che pialla le onde (tutto tranquillo, si può salpare). In realtà  i militari hanno abbandonato i presidi in città  da tre settimane e da allora non si sono più visti, mentre al largo l’unica fregata pensa solo a sorvegliare la linea di confine con la Libia. Il porto è agibile come il parcheggio di un supermarket, sia di giorno che di notte. Sulla banchina più riparata sono ormeggiati i soliti due motoscafi della dogana che danno il cambio alle quattro-cinque motovedette dalla Guardia marina nazionale per un pattugliamento poco più che simbolico, come ammettono gli stessi gendarmi (ovviamente senza esporsi). In più, riferisce ancora il «passeur F.» la corruzione della polizia è parte integrante del sistema. Gli aneddoti si sprecano e il «tariffario » ha la stessa popolarità  dei vecchi tabelloni dei gelati. Cento-duecento euro per il via libera a un’auto sospetta (e a quelle dei «passeur» ormai manca solo la scritta «sono un trafficante» ); mille-duemila euro per non disturbare le operazioni di imbarco e così via. D’accordo, è giusto registrare tutto, ma con la massima cautela. Anche perché a Zarzis è facile finire fuori strada: il commercio delle notizie è vorticoso e spesso insidioso. Ieri, per esempio, ha tenuto banco la storia del peschereccio con 180 immigrati riaccompagnato in rada dalla Guardia costiera. Alla fine, però, si è scoperto che il barcone era stato bloccato da una burrasca e non dalle vedette tunisine. Tuttavia la sigla «MO579» marchiata sullo scafo ha incuriosito parecchio i pescatori impegnati a dipanare le nasse sulla banchina. MO come Monastir: la barca è stata immatricolata 350 chilometri più a Nord, in una delle città  più frequentate dai turisti. La prova che i trafficanti vogliono rilanciare.


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