Ricordi migranti dalla Romania agli Stati Uniti

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È proprio nell’ultimo anno della dittatura di Ceausescu che Norman Manea lascia la Romania per l’America, dove ancora oggi insegna in un college. Il rifugio magico è la storia di alcuni romeni emigrati nel nuovo mondo, ma fatalmente legati alla vecchia patria, che non rimpiangono ma ricordano con intensità . Nulla farebbe torto a questo romanzo quanto il tentativo di ridurlo a una semplice trama: le pagine, intense e talvolta dolorose nascono dal di dentro, in un continuo rimuginare che prende corpo e si incarna in diversi personaggi. Il professor Dima, un’autorità  da tutti riconosciuta, che sembra ispirato all’enciclopedico banditore del sacro e del pensiero di destra Mircea Eliade. Il suo allievo Palade, che viene ucciso misteriosamente in una toilette, proprio come accadde ad un allievo di Eliade, Ioan Petru Culianu. Augustin Gora, un altro professore, coltissimo e intento a scrivere necrologi, mentre, per così dire, coltiva la propria solitudine e le proprie malattie, ossessionato dal desiderio di parlare con l’ex moglie Lu che non lo ha seguito in America, ma poi è emigrata anche lei con Peter Gaspar, uno strano professore, un uomo in fuga, grasso come un elefante. C’è, a proposito di elefanti, una pagina molto curiosa in cui si narra (e la storia è vera) di una scuola in cui gli elefanti imparano a dipingere. Mentre le vicende dei diversi personaggi si intrecciano variamente, in un’America dipinta, con qualche ironia, come una sorta di paradiso in terra, dove non esistono carte di identità  ma solo patenti di guida, e dove le università  sono costruite nei boschi, come accadeva in Europa nel Medio Evo, arriva lo shock dell’11 settembre. È l’occasione che l’autore subito coglie per dire a voce alta, «io sono newyorkese». La tragedia delle Torri gemelle è rievocata in diretta. L’io narrante sta facendo lezione nel suo college, quando si diffonde la notizia. È opportuno, chiede ai suoi studenti, continuare o no la lezione? La risposta è nel romanzo, che è anche un romanzo dedicato alle nuove generazioni americane e alla mescolanza delle genti provenienti da ogni parte del mondo. Norman Manea continua a scrivere in romeno, ad abitare la sua lingua, come Paul Celan a Parigi aveva fatto con il tedesco. È un uomo che ha vissuto molte vite e si è adattato a rinascere quando era ormai abbastanza avanti negli anni. Heinrich Bà¶ll ha scritto che di tutti gli autori contemporanei Manea è quello che più merita di essere conosciuto. In effetti la sua scrittura testimonia il dramma dell’esilio, ma anche la medicina offerta da una vita libera, al riparo da censori e polizie segrete.


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