La costituzione «materiale» delle primavere

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Dopo una lunga carriera di deputato, ministro della giustizia e vicepresidente della Camera, ha presieduto l’ufficio di Garante per la privacy e poi il coordinamento europeo dei Garanti del diritto alla riservatezza; è stato tra gli autori della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e di recente è stato interpellato come consulente dai costituzionalisti tunisini che lavorano a riscrivere la Carta fondamentale del loro paese. Da questa ultima esperienza trae alcune riflessioni generali sul modo di declinare i diritti oggi: dall’accesso alle tecnologie dell’informazione al rapporto tra diritti delle persone e risorse materiali – quello che nella sua introduzione al convegno del manifesto sulle «primavere arabe» Rodotà  ha definito «costituzionalismo della vita materiale».
L’associazione tra le reti internet e gli eventi degli ultimi mesi è un dato di fatto – anche se «i blog sono importanti, ma a fare la discontinuità  sono stati giovani e donne andati fisicamente in piazza Tahrir», dice Rodotà  (del resto, è quanto abbiamo sentito ripetere anche da blogger come Manal Hasan o Amira al Hussaini). E però, mentre tutti denunciano la censura e rendono omaggi di maniera alle «rivoluzioni di facebook», «il recente e-G8 riporta al centro il controllo sulla rete», dice Rodotà : «Le primavere arabe mettono all’ordine del giorno del mondo intero una questione fondamentale: se internet debba essere uno strumento libero o asservito a interessi commerciali». E ricorda che l’Assemblea generale dell’Onu ha definito «un diritto» l’accesso a internet senza la mediazione del mercato, oltre che senza controlli censori.
Un altro effetto delle rivolte nei paesi arabi è aver «sancito il fallimento del progetto di esportazione della democrazia, affermando invece la rivendicazione della democrazia dall’interno: perché questa vive nel suo fondarsi sulla partecipazione dei cittadini». Quando sentiamo la formula «esportare la democrazia» pensiamo inevitabilmente a George Bush e alle guerre dell’ultimo decennio, ma Rodotà  si riferisce a una storia più lunga di egemonia e dominio dell’occidente «che risale a Napoleone e all’esportazione dei principi del 1789». Non si tratta di rinunciare alla nozione di cittadinanza, ai principi della rivoluzione francese o ai diritti universali, precisa Rodotà : «Sto parlando di un nuovo tipo di universalismo dal basso. Come non si esporta la democrazia, non si esportano i valori fondamentali. Però oggi dai monaci birmani, i giovani iraniani o le piazze arabe vediamo rivendicare libertà  e democrazia, in una costruzione continua di diritti. In un certo senso, i principi di uguaglianza, libertà , giustizia sono tanto più universali perché prodotti dalla lotta politica, dall’interno, liberi dal sospetto di subalternità  ai valori occidentali».
Dalla transizione in Tunisia Stefano Rodotà  trae ancora una considerazione generale sul valore delle costituzioni. Abbiamo ormai diversi esempi di nuove costituzioni o sentenze costituzionali, dal Sudafrica all’India a paesi latinoamericani, che «guardano non ai soggetti astratti ma alle persone viste nella loro vita materiale: quindi sancisce i diritti a salute, istruzione, casa, accesso ai beni comuni, cibo, acqua. Insomma, guardano ai diritti delle persone in rapporto alle risorse. La Costituzione italiana è un po’ antesignana in questo, perché oltre a definire in modo ampio di diritti fondamentali parla anche di «eliminare gli ostacoli di fatto» a goderne. Penso sia per questo che i tunisini, al momento di riscrivere la loro Carta, ci hanno chiesto di interloquire».


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