Nuova strage nel Canale di Sicilia a picco due barconi, 250 dispersi

Loading

LAMPEDUSA – Scafisti senza scrupoli hanno mandato al massacro centinaia di disperati imbarcati su piccoli pescherecci, due o tre, dov’erano stati stipate oltre 800 persone. Tra loro anche 42 donne e 68 bambini dai 2 mesi ai quattro anni. Sono tutti ufficialmente dispersi, in realtà  annegati insieme ad un altro centinaio di loro connazionali.
Il bilancio dell’ennesima strage del Mediterraneo è tra i 200 e i 270 dispersi, vittime finite in fondo al mare davanti alle coste dell’isola tunisina di Kerkennah, notissima meta turistica di migliaia di europei che ogni anno affollano alberghi e spiagge. Ma i morti ed i sopravvissuti di ieri erano disperati fuggiti dalla Libia in guerra e che erano riusciti a superare il confine libico-tunisino, dopo un lungo viaggio disperato in mezzo a sparatorie tra i sostenitori di Gheddafi ed i ribelli che si oppongono al regime.
Pensavano di avere ormai conquistato la libertà  e di potere raggiungere, come migliaia di altri loro connazionali, l’Italia. Invece hanno trovato la morte qualche ora dopo che gli scafisti tunisini li avevano ammassati su un paio di pescherecci lunghi poco meno di 10 metri ciascuno e che hanno fatto salpare nonostante le condizioni del mare fossero pessime. A bordo dei natanti un improvvisato pilota al quale gli scafisti avevano indicato le coordinate della rotta che li avrebbe dovuti portare a Lampedusa.
Ma il motore di una delle imbarcazioni si è improvvisamente bloccato, mentre l’altro non riusciva più a governare il timone. Ed in pochi minuti i due barconi sono stati sballottati e capovolti. Quasi nessuno dei migranti a bordo sapeva nuotare, alcuni avevano dei salvagente, altri avevano attaccato alle cinture dei pantaloni bidoni di plastica vuoti, ma soprattutto donne e bambini non avevano nulla cui aggrapparsi.
Sono finiti in mare poco dopo aver contattato la guardia costiera tunisina intervenuta immediatamente con alcune motovedette che sono riuscite a recuperare in extremis 570 naufraghi attaccati a pezzi di legno galleggianti. Non è stato facile soccorrerli perché il mare era molto alto, e 250 sono morti ma presto i loro corpi riemergeranno dal fondo del mare e saranno le correnti a decidere dove i cadaveri andranno a finire.
La tragedia si è consumata ieri mattina poco dopo l’alba, qualche ora dopo che le imbarcazioni avevano lasciato l’isola di Kerkennah, una delle località  di partenza controllate dagli scafisti tunisini ed egiziani che si arricchiscono sulla pelle di questi disperati. Stamattina la marina tunisina riprenderà  le ricerche di eventuali dispersi «ma ci sono poche speranze per quei 250 scomparsi i fondo al mare» ha spiegato l’addetto militare che coordina le operazioni di soccorso in mare. La stessa fonte ha sostenuto che a bordo di quei pescherecci non c’erano cittadini libici, ma asiatici, pakistani e africani della Costa d’Avorio e del Camerun che da alcuni anni vivevano e lavoravano in Libia.
E nel giorno dell’ennesima tragedia del mare il premier Silvio Berlusconi ha chiesto ai partner europei un maggiore impegno sul fronte dell’accoglienza dei profughi. Durante un colloquio, a Roma, con il presidente del consiglio Ue, Herman Van Rompuy il premier italiano ha invocato un maggior coinvolgimento da parte di Frontex e maggiori risorse per l’emergenza immigrazione.

 


Related Articles

I diritti indigeni calpestati dai latifondisti nel Brasile di Temer

Loading

Il potere incontrastato dei latifondisti nel Brasile post-golpe è indicato bene dall’arresto, in Pará, di padre José Amaro Lopes de Sousa, il continuatore dell’opera di Dorothy Stang, la missionaria statunitense assassinata nel 2005

Via a Frontex Plus, ma senza salvataggi

Loading

IMMIGRATI. Varata a Bruxelles la nuova missione europea. Alfano canta vittoria, ma il progetto esiste solo sulla carta. Mancano ancora, infatti, mezzi e soldi

Femminismo, la sfida giovane

Loading

È stato all’insegna dello scontro generazionale l’incontro di Paestum che quest’anno è dedicato alla libertà Divise su femminicidio e sulla legge Bossi-Fini: «Non prendiamo posizioni, il lavoro è solo simbolico» «Rivoluzione necessaria», una delle parole d’ordine dell’assemblea nazionale di donne

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment