Tratta delle donne, una triste mappa globale

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Il libro della giornalista messicana Lydia Cacho, Schiave del potere. Una mappa della tratta delle donne e delle bambine nel mondo (Fandango, pp. 341, euro 20) è un viaggio sconvolgente sulle piste del traffico di schiavi. Qui siamo a Phnom Penh, Cambogia: la giovanissima Da, acquistata a suo tempo per 200 dollari, ora sta imparando a cucire, vuole lavorare in una fabbrica e tenere la figlia lontana dalle grinfie dei mercanti di carne umana.
«Le chiedo se il padre della bambina è d’accordo – scrive ancora la giornalista – e lei si osserva le unghie, corte e un po’ sporche. Il padre della bambina è un cliente del bordello, e un poliziotto. Dice che quando sarà  cresciuta, lui stesso farà  la prova per sapere se la piccola era nata per fare la puttana. E tu cosa ne pensi, le chiedo. Da si limita a girare la testa e a guardare dalla finestra: è il segno che l’intervista è finita».
Il commercio di esseri umani, che registra di questi tempi uno sviluppo incredibile, è legato per circa il 70 per cento allo sfruttamento sessuale: ogni anno 1.390.000 persone, nella stragrande maggioranza donne e bambine, sono ridotte allo stato di schiave del sesso. Un commercio fiorente, cresciuto a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso – gli anni dell’arretramento dello Stato, della privatizzazione, della deregulation e del conseguente sviluppo delle mafie.
Se la tratta delle bianche è un fenomeno antico, si è trattato a lungo di un commercio minore, in mano ai pirati che sequestravano donne per venderle a bordelli di paesi lontani. Oggi invece questo commercio è in via di espansione, tanto che la tratta di esseri umani è documentata in 175 nazioni. Grazie alla supremazia del libero mercato, infatti, spesso le mafie possiedono tecnologie migliori della polizia e riescono a stabilire patti regionali e transnazionali, muovendosi come potentissime aziende per le quali la prostituzione è una industria e le donne, le bambine e i bambini sono il prodotto venduto.
Lydia Cacho narra il suo viaggio che parte dalla Turchia, e tocca di volta in volta Palestina, Israele, Giappone, Cambogia, Cina, Birmania, Argentina, Messico. Un viaggio rischioso in cui l’autrice intervista funzionari dello Stato, polizia, vittime della tratta e organizzazioni che agiscono per contrastare il traffico umano. Cacho è ben consapevole dei pericoli che corre: già  nel 2005 è stata imprigionata e torturata nel suo paese dopo avere pubblicato il libro Los demonios del Edén: el poder que protege a la pornografia infantil, in cui denunciava lo sfruttamento pornografico minorile e una rete criminale in cui apparivano numerosi funzionari del governo, politici, imprenditori e trafficanti di droga. Nel 2007 la Corte Suprema del Messico ha sentenziato che l’arresto della Cacho era ingiustificato, ma le minacce non si sono fermate, così come non si è fermata la sua attività .
Tanti sono i frammenti di vita che ha raccolto nel suo itinerario intorno al mondo – come la storia della signora King, ex moglie di un membro delle triadi, la mafia cinese da secoli presente in Cambogia. Qui il governo favorisce i cinesi perché «a differenza degli europei, non credono nei diritti umani» e «a loro non importa che a lavorare per dodici ore di fila siano bambini di dodici anni». La donna, che ha collaborato con l’indagine di Lydia Cacho e in seguito, dopo avere lasciato il paese, è stata accolta in un rifugio europeo, racconta a proposito della mafia sino-malese, di cui l’ex marito è un affiliato: «Le bambine vengono utilizzate per due anni: poi, dopo averle sfruttate per il turismo sessuale, le mandano nelle fabbriche tessili, di cui sono soci. La loro banda è specializzata in vergini».
Il commercio di donne e bambine si nutre delle situazioni di estrema povertà : dalle armi alla droga, dagli organi umani ai figli, tutto può essere oggetto di traffico. Dopo pochi anni le bambine sono considerate vecchie, e del resto la violenza e l’enorme quantità  di prestazioni sessuali che sono costrette a subire le logora in poco tempo. Ma tornare a casa non è facile, anche perché spesso a venderle come prostitute sono stati membri della loro stessa famiglia. Sono vite distrutte: i trafficanti le hanno isolate, violentate e convinte con ogni forma di abuso che non hanno nessun valore. Non hanno documenti e se scappano o si ribellano, sanno che le ritorsioni saranno terribili: potranno solo morire e nessuno lo verrà  a sapere.
Sconfiggere questo commercio è estremamente difficile: spesso queste mafie sono parte integrante dello Stato, senza contare che le leggi contro il traffico di esseri umani sono superate dai continui cambiamenti tecnologici e culturali. Ma l’ostacolo più grande è l’indifferenza degli uomini. Assistiamo a nuove forme di sessismo, forse perché i maschi non si rendono conto di essere anch’essi vittime dello stesso modello culturale. «Negli eserciti – scrive la giornalista messicana – i soldati sono addestrati a non essere codardi o sentimentali, vale a dire a non esprimere emozioni da checche, finocchi o donnicciole (…) L’addestramento militare consiste nell’inibire l’empatia verso il dolore dell’altro».
Il modello dell’uomo predatore, che annienta l’altro, lo sottomette, lo rende passivo, è alla base di una cultura mai davvero messa in discussione. Per contrastare il mercato delle schiave è indispensabile promuovere un epocale cambiamento di mentalità  – e il libro di Lydia Cacho, con la forza dell’evidenza, è un manifesto contro l’omertà  e il cinismo maschile.


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