Disegno di legge il caporalato «reato penale»

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Il disegno di legge è stato fortemente voluto dalla Cgil, e in particolare da due categorie che si battono da anni contro questo fenomeno, ma purtroppo finora con le armi spuntate: la Flai (agroindustria) e la Fillea (edili). Non a caso ieri i due rispettivi segretari generali, Stefania Crogi e Walter Schiavella, parlavano di una «prima importante vittoria», augurandosi nel contempo che il testo possa essere «approvato al più presto». I due sindacalisti Cgil hanno fornito una mappa dei territori italiani più colpiti, denunciando che questa piaga riguarda almeno 550 mila lavoratori: ben 400 mila in agricoltura, e 150 mila nell’edilizia.
Il ddl – prima firmataria la senatrice Colomba Mongello (Pd) – introduce per il caporalato la fattispecie di reato e prevede una pena da 5 a 8 anni di carcere, oltre a una multa da 1000 a 2000 euro per ciascun lavoratore impiegato.
In Sicilia, ha spiegato la Flai, il caporalato è presente un po’ ovunque: c’è Cassibile, dove in primavera avviene la raccolta delle patate, ci sono Pachino e Avola. Nel ragusano ci sono le aziende orto-frutticole del distretto di Vittoria. Alta intensità  anche in Calabria, nella Piana di Gioia Tauro, dove si trova Rosarno e dove da ottobre a febbraio si tiene la raccolta degli agrumi: un anno fa ci fu la rivolta dei braccianti africani e oggi i lavoratori extracomunitari sono circa 800, alloggiati presso casolari abbandonati, case in affitto e perfino nelle stazioni delle Fs.
In Puglia, il fronte più caldo è la Capitanata, dove tra luglio e agosto si svolge la raccolta del pomodoro. Si segnalano anche le province di Brindisi, Lecce, Bari e Taranto. In Basilicata, c’è in particolare la zona Palazzo San Gervasio (raccolta del pomodoro). In Campania, ci sono Villa Literno e Castel Volturno, e poi la Piana del Sele. Qui c’era il «ghetto» di San Nicola Varco, una struttura abbandonata dove avevano trovato alloggio circa 800 braccianti di orginine maghrebina: l’anno scorso è stato sgomberato ma i lavoratori oggi alloggiano in casolari abbandonati o in appartamenti in affitto.
Nel Lazio, si segnalano le aziende floricole di Latina; in Abruzzo il Fucino; in Emilia Romagna, Modena e Cesena: nel settore della macellazione, fiorente nel modenese, gli extracomunitari vengono assunti a nero e attraverso intermediazione da finte cooperative di facchinaggio. E poi c’è Siena per il vino, il Trentino per le mele, Mantova per la raccolta dei meloni.
Per quanto riguarda gli edili, il fenomeno riguarda manodopera straniera e italiana, cui viene chiesto e imposto di aprire partita Iva, accettare contratti part time, accettare sottoinquadramento, dichiarare meno ore lavorate e di ricorrere ai permessi in caso di infortunio non grave. Rispetto al 2006, nel 2008 l’aumento delle partite Iva nelle costruzioni è stato del 208%. Di questi «imprenditori» o «liberi professionisti» la gran parte è di nazionalità  straniera.


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