Le famglie senza welfare

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L’impatto di quelle riduzioni è fortemente regressivo: inciderebbe maggiormente sulle famiglie a reddito più modesto. Ma anche se la riforma fiscale e assistenziale venisse approvata in tempo le cose non cambierebbero molto per le famiglie con figli. La riforma, infatti, ha lo scopo non tanto di razionalizzare e rendere maggiormente equo il coacervo di istituti – oltre 400 – che si sono accumulati senza logica nel tempo. Ha lo scopo pressoché esclusivo di ridurre la spesa, ovvero di determinare un risparmio non inferiore a 4.000 milioni nel 2013 e 20.000 milioni annui a decorrere dal 2014. Un obiettivo solo mascherato dal richiamo alla libertà  di scelta dei cittadini. La bozza di delega, infatti, all’articolo 2 recita che il “criterio base della delega” è quello di applicare le nuove aliquote rispettivamente del 20%, 30% e 40% “su di un imponibile per quanto possibile non eroso dai regimi fiscali che nel corso degli anni sono stati introdotti per indirizzare le scelte e i comportamenti del contribuente verso obiettivi che lo Stato considerava costruttivisticamente meritevoli, lasciando invece alle persone e alle famiglie libertà  di scelta in ordine all’uso del loro denaro. A questo effetto il governo è delegato ad eliminare o ridurre in tutto od in parte i regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale”.
Il fatto è che molte delle misure che si vogliono eliminare sono destinate alle famiglie. E si tratta di misure che si ispirano al principio fiscale della redistribuzione: a parità  di reddito riducono il prelievo sui nuclei familiari più numerosi. È il caso delle detrazioni per i figli a carico. Non è chiaro in che consista la libertà  di scelta se l’eliminazione di queste facilitazioni non è sostituita da nulla e anzi si auspica un ancor maggiore coinvolgimento della famiglia nel far fronte ai bisogni economici e di cura dei propri componenti. Il potere d’acquisto di un’ampia fetta delle famiglie verrà  semplicemente ridotto, comprimendo ulteriormente i consumi e quindi anche le stesse possibilità  di ripresa. Non vi è dubbio che occorre mettere mano a una razionalizzazione complessiva del frammentato e carente welfare italiano, riducendo le iniquità  per cui, a parità  di reddito e bisogno, vi è chi può godere di più misure di sostegno (ad esempio assegni per i figli e detrazioni) e altri di nessuna (gli incapienti e coloro che non hanno un reddito da lavoro dipendente). E certo vi sono persone che godono impropriamente dell’assegno di accompagnamento. Ma ce ne sono molte altre che dovrebbero riceverlo, o avere servizi sostitutivi, ma non ricevono nulla. Così come non vi è un vero reddito minimo per chi si trova in povertà . Il welfare per le famiglie e per chi si trova in povertà  è troppo risicato, oltre che ineguale, per pensare di effettuare risparmi in questo settore. Sarebbe già  ottimo se si riuscisse a spendere meglio, più equamente e con maggiore efficacia. Ma i risparmi vanno cercati altrove. Sembra che anche i mercati la pensino in questo modo, non ritenendo realistica una manovra e un progetto di riforma non solo rimandati di due anni, ma che, nella loro regressività , tolgono fiato a chi già  è in difficoltà . In questo contesto, anche l’opposizione e i sindacati dovrebbero avanzare proposte precise, non limitandosi a evocare la lotta all’evasione come sorta di magica lampada di Aladino che tutto risolverebbe. La lista del possibile è lunga, dalle liberalizzazioni sin qui efficacemente bloccate dagli interessi costituiti, al taglio, da domani e non in futuro, dei privilegi e dei redditi dei parlamentari ed ex parlamentari fino a quelli delle amministrazioni locali, dei grandi dirigenti pubblici e del parastato e, perché no, di alcuni conduttori televisivi. Dalla eliminazione di tutti i privilegi fiscali che favoriscono esclusivamente gli abbienti alla eliminazione tout court delle detrazioni, sempre regressive, a favore di trasferimenti diretti selettivi. Dall’anticipo dell’innalzamento dell’età  pensionistica delle donne nel settore privato alla flessibilizzazione dell’età  alla pensione per tutti.


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