Lo scettro passa a Varsavia

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 Dopo il buio ungherese ecco arrivare la luce polacca. È con queste parole che si potrebbe sintetizzare la cerimonia di consegne andata in scena nei palazzi del governo a Varsavia, col premier ungherese Viktor Orban (ultra-nazionalista ed euro-scettico) che passa di mano lo scettro e la bandiera europea all’entusiasta collega polacco Donald Tusk (conservatore moderato). La Polonia sarà  per sei mesi alla guida dell’acciaccata macchina europea e si appresta a farlo nel più convinto spirito europeista.

Dopo i discorsi di rito e la conferenza stampa di fronte ai giornalisti – in cui Orban non ha mancato di elogiare il ruolo trainante della Polonia nel processo di emancipazione dei paesi dell’Europa centrale dal giogo sovietico, e ha anche ricordato il «duro lavoro» fatto dall’Ungheria durante il suo semestre di presidenza – il premier ungherese si è rivolto a Tusk dicendogli: «Ora tocca a te correre». Il clima era quello delle grande occasioni. Nella capitale polacca era presente anche Van Rompuy (presidente della Ue) che prima ha pronunciato un discorso di fronte al parlamento e poi si è intrattenuto col presidente polacco Komorowski.
La seduta era stata aperta con le note dell’inno nazionale polacco, subito accompagnato dall’inno della gioia. Ieri è stato un giorno importante per la giovane democrazia polacca, per le sue istituzioni e per l’intero paese. Sono passati quasi vent’anni da quando la Polonia aderì alla Nato, era il 10 luglio del 1991. Poi nel 2004, con l’allargamento a est, entrò a far parte dell’Unione europea. La Polonia è il quarto paese dell’ex blocco comunista a guidare il Consiglio d’Europa dopo la Slovenia (2008), la Repubblica Ceca (2009) e l’Ungheria (primo semestre 2011). Da oggi tutti gli occhi dell’Unione saranno puntati su Varsavia. Il governo polacco lo sa è ha intenzione di sfruttare al meglio l’occasione datagli dalla vetrina europea anche in chiave elettorale, visto che a ottobre sono in programma le elezioni per il rinnovo del parlamento. Con una popolazione che si aggira intorno ai 38 milioni, la Polonia è il paese più grande dell’est europeo e non è affatto un segreto che voglia ritagliarsi, in un prossimo futuro, un ruolo di «potenza regionale». E non è un caso che le priorità  indicate da Tusk durante il semestre di presidenza polacco includono, oltre alla crescita economica, la costruzione e lo sviluppo di un partenariato commerciale e politico a est (Ucraina) e una spinta ulteriore verso l’allargamento dell’Ue.
L’opinione pubblica guarda con ottimismo a questo semestre di presidenza. Un recente sondaggio ha messo in evidenza l’euro-entusiasmo del popolo polacco, con oltre l’80% del campione intervistato che dichiara il proprio sostegno al processo di integrazione europea. Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il meccanismo della presidenza a rotazione ha perso gran parte del potere di prima. Adesso la macchina burocratica europea si è dotata di un presidente del Consiglio europeo full-time (il belga Van Rompuy) e di un ministro degli esteri (la baronessa Ashton) ma il ruolo dei governi nazionali è sempre preponderante. E la Polonia ha tutte le carte in regola affinché il suo semestre di presidenza possa concludersi con successo. Quest’anno, la crescita economica dovrebbe attestarsi intorno al 3,8% e le previsioni di crescita del Pil per il prossimo anno sono ancora più promettenti. In 20 anni, i polacchi sono riusciti a sviluppare un’economia stabile. In Polonia si sta sviluppando una classe media imprenditoriale in diversi settori che vanno dal manifatturiero al terziario. Al momento è il paese europeo dove si costruisce di più, un gigantesco cantiere che sta cambiando faccia alle città  e alle campagne. Merito ovviamente della pioggia di soldi che l’Europa ha messo a disposizione (oltre 60 miliardi di euro tra il 2007 e il 2013) ma che Varsavia è stata in grado di investire in modo oculato, utilizzando i fondi Ue per l’ammodernamento infrastrutturale e a sostegno della giovane imprenditoria. La Polonia vuole sedurre l’Europa e dimostrare di poter trattare alla pari con i «Big» del continente, Francia e Germania in primis. Ma le sfide che l’attendono sono tortuose, a cominciare dal bilancio per il prossimo anno. Oltretutto c’è la patata bollente della Grecia. Tusk ha più volte ribadito l’intenzione di portare a termine il processo di allargamento alla Croazia e il trattato di libero scambio con l’Ucraina. Se il primo obiettivo sembra realizzabile nel semestre di presidenza, il secondo lo è meno viste le difficoltà  tecniche e i tempi di negoziazione. L’unico spettro che potrebbe insidiare i sogni di gloria del premier polacco è il leader dell’opposizione ultraconservatrice Jaroslaw Kaczynski, pronto a sfruttare ogni passo falso dell’avversario a fini elettorali. Proprio l’altro ieri a Varsavia si è tenuta una delle più grandi manifestazioni di protesta che si ricordino nella capitale dalla caduta del regime comunista. Più di 50 mila persone hanno invaso le vie del centro con le bandiere di Solidarnosc scandendo slogan contro le politiche liberiste e chiesto più attenzione verso le politiche sociali. Lo slogan più in voga era: «Bog, honor i ojczyzna»(Dio, onore e Patria).


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