P4, tutti i segreti di Milanese in cinque cassette di sicurezza

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NAPOLI – Un fil rouge, di «stretta rappresentanza» e forse di reciproca convenienza, correva direttamente tra Marco Milanese e la società  del Ministero delle Finanze, Sogei, coinvolta nella vicenda della “casa del ministro”, e già  al centro di sospetti crescenti. È il link che mancava a una partita di giro che non promette nulla di buono. E rischia di svelare – ancora una volta dopo la Anemone story – una vicenda di appalti trattati come favori personali, di commesse e lavori pubblici trasformati in merce di scambio privato. Così come il mistero di quelle cassette di sicurezza appena sigillate a Roma. Non una, ma cinque cassette, tutte appartenenti al deputato Pdl Milanese, sono finite da poche ore sotto sequestro del pm Vincenzo Piscitelli della Procura. Materiale impenetrabile fino a quando la Camera non rilascerà  il suo sì, specifico, alla richiesta di autorizzazione per la perquisizione. Che cosa custodivano? Carte, appunti o anche la prova della presunta corruzione?
Gli ultimi segreti dell’inchiesta che travolge Milanese – fin dal 2001 fedelissimo braccio destro del ministro Giulio Tremonti, poi suo consigliere politico, nonché deputato per il quale pende alla Camera la richiesta di arresto trasmessa dal Gip con le accuse di associazione per delinquere, corruzione e rivelazione di segreto – sono (o erano) forse nascosti in quel caveau della Banca del Credito Artigiano a Roma, a due passi dalla sede del Ministero di via XX Settembre.
Ma poiché quei contenitori sono equiparati ad una pertinenza di attività  parlamentare, solo un’autorizzazione dedicata da parte dell’aula di Montecitorio, che si pronuncerà  con un voto distinto rispetto all’eventuale esecuzione dell’ordinanza di custodia, potrà  consentirne l’apertura alla giustizia. Sempre che qualcuno non ne abbia fatto già  sparire il contenuto. Sarà  una coincidenza, ma il perito Luigi Mancini, incaricato dal pm, ha già  accertato che alcuni ripetuti accessi di Milanese a quelle cassette sono avvenuti a metà  dicembre scorso: ovvero subito dopo l’arresto di Paolo Viscione, che già  nelle intercettazioni a suo carico, ben note a Milanese, lanciava messaggi. «Se mi stanno ascoltando è meglio, lo dico io che pezzo di m… è questo. Io voglio uscire da questa storia perché quando vengo ricattato dalla politica, da questo Milanese che si fotte i soldi, io non voglio averci più a che fare». Viscione, imprenditore-faccendiere sotto accusa per una mega truffa da 30 milioni, una volta in carcere, si sarebbe trasformato nella gola profonda della “holding Milanese”, l’uomo che racconta di aver riversato sul consigliere del ministro «una milionata di euro cash» nel corso di quattro anni, oltre a lussuose auto, gioielli, orologi d’oro, viaggi. Dopo le sue parole, c’è chi s’affretta a far sparire gioiellini?
Non è l’unica novità  che allarga l’orizzonte dell’inchiesta. Emerge ora quel filo rosso che collega direttamente le ombre che avvolgono la gestione della società  pubblica Sogei a Milanese. Una connessione importante è ora nelle mani del pm. L’ha fornita un teste, Angelo Lorenzoni, Segretario generale del Pio Sodalizio dei Piceni. Che racconta: «La Sogei ha preso in fitto alcuni importanti locali di nostra proprietà . Due immobili in via del Parione, primo e terzo piano, e poi un salone affrescato, per riunioni o eventi, in via San Salvatore a Lauro». Contratto: 8.500 euro al mese. Ebbene, chi condusse le trattative per conto di Sogei? «Marco Milanese, era lui il loro volto», dice Lorenzoni. Stesso concetto confermato da un’altra importante teste, la dottoressa Fabrizia La Pecorella, alto funzionario di via XX Settembre: «Sì, Milanese era l’uomo di raccordo tra Sogei e il Ministero». Quel filo, faticosamente riavvolto, racconta dunque: c’è Sogei, la società  di Information and Communication Technology del Ministero dell’Economia e delle Finanze che elargisce appalti ad affidamento diretto in gran numero (anche) all’impresa Edil Ars. Quest’ultima, guarda caso, esegue lavori onerosi di ristrutturazione nell’appartamento che sta più a cuore a Milanese: la residenza cinquecentesca al piano nobile di via Campo Marzio abitata (fino a quattro giorni fa) dal ministro Tremonti, ma pagata (sempre 8.500 euro al mese) da Milanese. Quel cantiere di consolidamento e ristrutturazione è costato, testimonianze alla mano, oltre 200mila euro, che però non risultano mai pagati alla Edil Ars: né dal Milanese – come da accordi presi con il proprietario – tantomeno dal ministro, ignaro ospite. È denaro che è stato restituito sotto forma di appalti? Quei lavori nella casa eccellente sono stati saldati con denaro pubblico? Un’ipotesi che gli inquirenti non possono escludere.


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