Tutti in fila a New York per le prime nozze gay

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NEW YORK. Lassù qualcuno li ama mica tanto… Era da più di mezzo secolo, estate 1957, che non faceva così cado. E le centinaia di coppie gay e lesbiche che hanno festeggiato le prime nozze omo di New York hanno dovuto sopportare anche questo: in fila a centinaia per ore sotto la calura che non dava tregua neppure all’alba. Ma che volete: una volta aperte le porte del Clerk Office, Lower Manhattan, alle 8.45 in punto, la felicità  è volata più in alto del termometro che superava i 100 gradi Fahrenheit.
Prendete la prima coppia che ha avuto l’onore di farsi sposare qui. Phyllis Siegel e Connie Kopelov hanno 160 anni in due, lei 76 e lei 84. Erano 23 anni che aspettavano questo momento. E volete che il Grande Caldo fermasse il loro entusiasmo? Connie è arrivata all’altare civile con la stessa carrozzella con cui aveva marciato all’ultimo Gay Pride: quello che il 26 giugno scorso aveva fatto esplodere non solo l’orgoglio ma anche la gioia degli omosessuali all’indomani dello storico passaggio della legge. Il governatore cattolico Andrew Cuomo s’è beccato per questo la “scomunica” del vescovo Timothy Dolan. L’altro grande sponsor della rivoluzione, Michael Bloomberg, ha invece festeggiato aprendo le porte di Grace Mansion, residenza del sindaco, al suo strettissimo collaboratore John Feinblatt, 60 anni.
Il comune aveva addirittura pensato di indire una lotteria per esaudire il record di richieste: malgrado gli straordinari e i richiami in servizio c’era spazio soltanto per 764 coppie. Un centinaio di giudici di pace si sono fatti avanti volontari. E alla fine le domande sono state in tutto 823. Così gli ufficiali della Grande Mela hanno deciso l’ultimo strappo: sposiamoli tutti.
La lotteria resterà : ma sarà  sorteggiata una e una coppia soltanto. Un mini luna di miele di due giorni: notte in un lussuoso hotel di Manhattan e biglietti e per il musical e i musei. Auguri.
Marcos A. Chaljub, 29 anni, e Freddie L. Zambrano, 30, sono stati i primi gay maschi all’altare civile: camicia bianca, cravatta verde e scarpe da barca in bianco e nero, sotto una pioggia di tradizionalissimo riso. «Vi dichiaro sposati» ha esclamato l’ufficiale del comune, Michael McSweeney: modifica minima ma sostanziale al millenario «marito e moglie» ripetuto nei matrimoni religiosi e civili di mezzo mondo. L’intero Stato di New York ha fatto i salti mortali per modificare in un mese gli stampati che parlavano di un lui e una lei. E proprio l’inceppamento di una stampante è stato l’unico “incidente” registrato ieri: malgrado le poche proteste dei soliti manifestanti che gridavano «Vergogna».
Vergogna? E stata una festa di civiltà : da New York al resto dello stato. Il New York Times ha dedicato uno speciale all’inserto in cui compaiono gli annunci matrimoniali: è il giornale che per primo tra i grandi aprì qui negli Usa anche a quelli gay. Ma è stato dalla “provincia” che è arrivato il primo fatidico omo-sì. Cornice più romantica che non si può: le cascate del Niagara. Kitty Lambert, 54 anni, e Cheryle Rudd, 53, lei in blu e lei in bianco smoking, davanti a una pletora di nipoti: sono tutt’e due già  nonne.
E adesso? I matrimoni gay sono per New York anche un segno “più” nel bilancio. La metropoli calcola di ricavare 210 milioni di dollari dal giro d’affari del turismo gay nei prossimi tre anni. Ma anche le casse degli altri comuni verranno beneficate. «È davvero un gran giorno per tutti noi che crediamo nei diritti per tutti» ha detto il sindaco di Binghamton Matthew T. Ryan. Sperando ovviamente di inglobare in quei “tutti” anche i gay della confinante Pennsylvania: sposatevi e arricchiamoci. Ma la mossa di New York ha rimesso in gioco l’intera politica Usa. È vero che questo è solo il sesto Stato ad aprire alla causa dopo Vermont, Connecticut, Iowa, Massachusetts e New Hampshire. Ma è il più popoloso. E poi dice bene sempre Bloomberg: «Altri seguiranno presto: non perché tutti copino New York, ma perché comunque qui indichiamo la strada».
Ci sta pensando anche Barack Obama. Il presidente non si sbilancia per motivi elettorali. Però la sua amministrazione ha smesso di difendere quella Legge sulla Difesa del Matrimonio che imponeva al governo federale di riconoscere solo il matrimonio tra uomo e donna.
Naturalmente that’s America: e in queste cose a comandare sono gli Stati e non l’unione. Così le arzille sposine non rischiano neppure la beffa di tanti californiani. Il Golden State fu tra i primi a riconoscere le nozze gay: poi un referendum cancellò tutto. La legge di New York non lo permetterebbe: l’omo-sì di Phillys e Connie è davvero per sempre.


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