«La Big Society rischia di bruciare nei falò dei ghetti»

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LONDRA — Tony Travers, direttore alla London School of Economics e professore al dipartimento di politiche governative, voce autorevole del mondo accademico e consigliere della Camera dei Comuni, commenta la rivolta delle periferie inglesi.
Chi sono questi giovani che di notte mettono a ferro e fuoco Londra, Liverpool, Birmingham?
«Difficile dare risposte certe. Mi pare che si tratti di ragazzi allo sbando, ragazzi che non hanno accesso ai consumi, ragazzi che si sentono marginalizzati, ragazzi che non conoscono la felicità  e scaricano la rabbia compiendo atti che alla fine diventano per loro quasi normali».
Hooligan? Criminali? Vandali?
«Non sarei così perentorio. Sono all’opera anche i teppisti di professione, i teppisti delle gang. Ma ridurre il tutto a un fatto di sola criminalità  è sbagliato. Dovremo capire meglio che cosa sta accadendo, ma non si può dimenticare che i protagonisti di questi assalti sono tutti giovani poveri delle periferie. Spaccano le vetrine, incendiano i negozi e gli edifici, sono violenti perché, sentendosi respinti, sfidano l’autorità ».
Erano prevedibili le rivolte?
«In tutte le città  del mondo sviluppato si conoscono i problemi delle periferie. Ma nessuno può mai sapere quando una scintilla si trasforma in un caos di tali proporzioni. Certamente sia Scotland Yard sia il governo avevano il monitoraggio delle aree più deprivate. Si sono fatti sorprendere e trovare impreparati».
Tre giorni di anarchia. Il sistema politico è apparso all’inizio assente o debole nelle risposte.
«I politici britannici hanno sempre un approccio mite. Forse pesa ancora la ferita tremenda del Nord Irlanda. Diciamo che faticano a carburare. Di conseguenza si creano gravi vuoti di potere».
Il premier Cameron un anno fa in campagna elettorale aveva promesso di riconciliare la «broken society», la società  delle ingiustizie. La sua politica è fallita?
«Se davvero intende riconciliare la società  britannica ha molto, molto, molto da lavorare. La violenza di questi giorni lo dimostra».
Il sogno della Big Society, il cuore del progetto politico di Cameron, brucia nei falò delle periferie?
«Il premier è tornato dalle ferie perché vede la gravità  della situazione e perché avverte che se non si pone fine all’ondata degli assalti e delle rivolte la Big Society si ferma su un binario morto. E per lui sarebbe la sconfitta. O entro un paio di giorni si torna alla normalità  e poi si cerca di andare a fondo delle problematiche che hanno determinato la ribellione oppure il contagio si allarga. E addio alla Big Society. Sì, la Big Society rischia di bruciare nei falò delle periferie».
Il ceto medio che ha premiato Cameron alle elezioni come reagisce?
«Il ceto medio è disorientato. Da un lato si vede colpito dalla politica dei tagli alla spesa pubblica, dall’altro assiste impotente e silenzioso al disordine di questi giorni. Il ceto medio chiede tranquillità  e non la trova. Un motivo che spinge Cameron, dopo tre giorni di anarchia, alla tolleranza zero. È troppo tardi? Il governo riuscirà  sicuramente a riprendere in mano la situazione ma deve farlo il prima possibile. Altrimenti sarà  accusato di debolezza e perderà  molti consensi».


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