La socialista super griffata Helle, una lady per i danesi

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LONDRA. Quando nel 1987 fu umiliato e sconfitto alle elezioni legislative britanniche da Margaret Thatcher, Neil Kinnock, all’epoca leader del partito laburista, credette di dover rinunciare per sempre al sogno di diventare primo ministro. Mai dire mai: adesso nella famiglia Kinnock sta finalmente per arrivare un premier. Solo che non è lui, non si chiama Kinnock e non vive nemmeno nel Regno Unito. Il suddetto primo ministro in pectore è danese, per la precisione “una” danese, sposata con il figlio di Kinnock: meglio che niente, come consolazione ad oltre due decenni di distanza dalla batosta da lui sofferta per mano della “lady di ferro” del conservatorismo inglese. Da una lady all’altra, si potrebbe dire per riassumere il suo destino e questa saga politica sulle opposte sponde del mare del Nord.
E indubbiamente anche Helle Thorning-Schmidt, 44 anni, moglie di Stephen Kinnock e leader del partito socialdemocratico danese, favorita dai pronostici per vincere le elezioni di domani in Danimarca, ha i modi e l’aspetto di una “lady”, sebbene piuttosto diversa dalla Thatcher: è giovane, è bella, ama gli abiti e gli accessori firmati, più che un politico sembra una fotomodella o un’attrice. “Gucci Helle”, l’hanno soprannominata in patria: una “lady di lusso”, insomma, altro che “di ferro”.
Anche per questo suoi critici, qualcuno all’interno del suo stesso partito, dicono che non solo la signora non sembra un politico: non sembra nemmeno scandinava, tantomeno socialdemocratica. Dalle sue parti i leader, uomini e donne, generalmente hanno un altro look, più semplice, modesto, se non addirittura dimesso. Helle invece non si separa mai dalla sua adorata borsetta rossa di Gucci, scarpe col tacco a spillo e abiti all’ultima moda. In più, suo marito è sì l’unico figlio di un laburista doc come Kinnock, ma lavora per il World Economic Forum in Svizzera, dove risiede legalmente (per ragioni fiscali, secondo i maligni, che lo accusano di stratagemmi per evadere le tasse, seppure senza poter provare mai nulla) tutta la settimana, tanto che raggiunge la moglie a Copenaghen soltanto nel week-end. «Ma i tempi cambiano», dice lei nei comizi, minimizzando le ironie su borsette firmate ed egualitarismo scandinavo. «Io voglio far ripartire l’economia e modernizzare la Danimarca, non ho tempo da perdere con il gossip»: lasciando intendere che è assurdo scandalizzarsi per i suoi vestitini, meglio concentrarsi sui problemi del paese. Ciononostante, dopo il dibattito televisivo (da lei vinto a mani basse, secondo i media nazionali) contro il primo ministro in carica e leader del centro-destra Lars Rasmussen, i giornali si sono concentrati di più sui tacchi a spillo di “Gucci Helle”, apparentemente scelti apposta per dominare l’avversario e metterlo in stato di inferiorità  psicologica, che sui suoi programmi per aumentare le tasse ai ricchi, incrementare il credito alle piccole aziende e stimolare l’economia.
Se domani vincerà , come predicono i sondaggi (che danno la coalizione di centro-sinistra in testa apparentemente con un solido margine di vantaggio, 54 a 46 per cento), è facile prevedere che la signora Thorning-Schmidt in Kinnock avrebbe non solo il cognome più lungo fra tutti i leader dell’Unione Europea, ma sarebbe pure il primo ministro più affascinante del continente.
I suoi sostenitori socialdemocratici si augurano che, in un momento di crescente incertezza politica ed economica come questo, la vittoria di questa sorridente quarantacinquenne danese possa rilanciare le forze progressiste in tutta Europa dopo anni di sconfitte alle urne, segnando una svolta simile a quella introdotta da Tony Blair in Gran Bretagna ed oltre Manica con la sua elezione a Downing street nel 1997, quando in pochi anni il centro-sinistra si ritrovò al potere in tredici degli allora quindici paesi membri dell’Unione Europea.
La storia si ripeterà  con “Gucci Helle”? L’aspirante premier con borsetta rossa ha sempre espresso una predilezione per Blair e per il suo laburismo riformatore, attento anche agli interessi dei moderati, pro-business, più che per il socialismo vecchia maniera di uno dei suoi predecessori alla guida del Labour britannico: suo suocero Neil Kinnock. Ma i Kinnock, alla prospettiva di avere finalmente un premier in famiglia, ora sono contenti lo stesso.


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