«Mano dura» vince ma non sfonda, a novembre un secondo turno

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 «Un’avanzata storica». In Guatemala, l’ex-generale Otto Perez Molina, fondatore e candidato del Partido patriotico (Pp, ultradestra) ha commentato così la sua vittoria alle elezioni di domenica scorsa: 37% delle preferenze e uno scarto di 14 punti sul secondo classificato, il nuovo ricco Manuel Baldizon, 41 anni, rappresentante di Libertad democratica renovada (Lider, destra populista). Baldizon ha totalizzato oltre il 23% di voti, distanziando di soli 5 punti il matematico Eduardo Suger, del partito conservatore Compromiso renovacion y orden (Creo).

Molina vince, ma non al primo turno, e la campagna elettorale si riapre fino al ballottaggio del 6 novembre prossimo. I 7,3 milioni che hanno votato per eleggere il presidente e anche i 158 deputati nazionali, i 20 al Parlamento centroamericano e gli oltre 300 sindaci, hanno smentito i pronostici di un alto tasso di astensione. Le schede nulle o bianche, hanno rappresentato comunque il 12%. Il Pp diventa il primo partito, con 54 deputati, ma le intese parlamentari si annunciano ardue. Per farcela, Molina dovrà  comunque tessere mediazioni, lavorare alla costituzione di un nuovo blocco di potere.
Per la propaganda, l’ex generale si è affidato a due consulenti di marca Usa, provenienti dal Partito repubblicano. Per non rischiare un’altra sconfitta, ha abbinato ai proclami securitari anche quello per il «risanamento economico» (ha promesso una crescita del 5%). Manodura è sospettato di massacri e torture compiuti durante la guerra civile che insanguinò il paese per 36 anni ( 200.000 morti e 45.000 scomparsi). Un allievo della Scuola delle Americhe in cui gli Usa hanno addestrato i peggiori dittatori dell’America latina. E da lì proviene lo staff militare di cui si circonderà  se va al governo. In campagna elettorale, si è però esibito come «l’uomo che ha firmato gli accordi di pace nel 1996».
Quegli accordi hanno mandato a spasso la metà  dell’esercito. Circa 600.000 paramilitari usati dal governo contro la guerriglia si sono riconvertiti nelle imprese di sicurezza, al servizio di latifondisti e narcotrafficanti. E sono fra gli sponsor di Molina. In un paese che conta tra i 6.000 e i 7.000 morti ammazzati all’anno, e in cui il volume di affari di armi e narcotraffico sarebbe di circa 3,5 miliardi di dollari, quello della sicurezza è un cavallo di battaglia per tutta la destra e uno spettro per gli altri.
Baldizon promette un ritorno alla pena di morte e una sicura vittoria ai Mondiali di calcio della nazionale guatemalteca… Assicura continuità  alle compagnie petrolifere come Perenco nello scempio del territorio. Il tutto con qualche accenno al pacchetto di misure sociali iniziato da Alvaro Colom, il primo presidente non di destra che abbia avuto il paese da cinquant’anni. Su Baldizon potrebbero convergere i voti del centrosinistra. La parentesi di Colom è infatti finita con l’espulsione di sua moglie Sandra Torres dalla corsa elettorale: la costituzione vieta ai parenti del presidente e del vicepresidente in carica di candidarsi, ha annunciato ad agosto il Tribunale supremo di giustizia. Il partito di Colom, Unidad nacional de la esperanza (Une), alleato della formazione conservatrice Gran alianza nacional (Gana) è stato così penalizzato, e oggi il Pp è il primo partito.
I guatemaltechi hanno dovuto scegliere fra 9 partiti di destra su dieci. Unico a rappresentare la sinistra, il Frente Amplio dell’ex premio Nobel Rigoberta Menchu, un’indigena Maya. Affiancata dal candidato vicepresidente Anibal Garcia, Menchu ha totalizzato un po’ più del 3%. Un’occasione, soprattutto, per far risuonare il programma del Frente, unico a proporre un’alternativa per quei guatemaltechi (oltre il 56%) che vivono al di sotto della soglia di povertà , per i due milioni di malnutriti e per il 30% di analfabeti: riforma agraria, controllo delle risorse, giustizia sociale, riforma fiscale. Una spina nel fianco per quelle 10 famiglie che detengono il 70% della ricchezza.


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