«Sussidi previsti solo per chi segue una formazione»

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ROMA —  Carlo Dell’Aringa, oltre che docente di Economia politica alla Cattolica di Milano e strettissimo collaboratore di Marco Biagi, è stato «quasi» ministro del Welfare del governo Monti (la scelta è poi andata a Elsa Fornero). Quale ricetta porterebbe all’incontro che ci sarà  tra pochi giorni tra esecutivo e sindacati sui temi di mercato del lavoro e occupazione?
«Bisogna affrontare il nodo delle riforme strutturali in un momento di crisi congiunturale. Se le previsioni sulla caduta dell’attività  economica e del Pil sono veritiere, ci sarà  una fase molto preoccupante di utilizzo della forza lavoro e serviranno rimedi immediati. Allora direi ai sindacati quello che diranno loro: servono ammortizzatori sociali per gli esuberi… Ma vanno gestiti in modo più efficace».
E già  qui le opinioni tra governo e parti sociali potrebbero divergere.
«Il sostegno ai redditi va garantito, però bisogna migliorare lo strumento per farlo, la mobilità ».
Mobilità  verso dove, visto che ha appena parlato di aumento della disoccupazione? 
«Sì, la disoccupazione è già  a livelli elevati e aumenterà . Però si è riusciti a ricollocare parte della manodopera… Ecco, si potrebbero concedere sussidi a chi partecipa alla soluzione del proprio problema accettando ricollocamento, corsi di riqualificazione, corsi di aggiornamento. Serve la disponibilità  dei lavoratori, magari a spostarsi in altre città , in altre regioni».
Sta dicendo di destinare diversamente i fondi per la Cassa integrazione?
«Bisogna rifinanziare la Cig, anche quella in deroga, ma rendendola più efficace. I lavoratori possono accedere a sussidi per riconvertirsi su posti di lavoro anche meno appetibili, con costi di trasferimento anche elevati».
Però il lavoro manca. E che convenienza avrebbe un’azienda ad assumere esuberi cinquantenni invece che giovani con contratti più vantaggiosi?
«Potrebbe essere interessata alle competenze. Ma sarebbe necessario un incentivo anche per le imprese. Quel che è certo, è che non ci sono più le risorse per disfarsi della manodopera anziana attraverso Cig, sussidi vari o scivoli».
Resta sempre il problema dell’occupazione giovanile. E sembra un pò la nota figura della coperta corta…
«Le politiche del lavoro non creano molti posti in più, ma creano una gestione migliore del rapporto domanda/offerta anche in una situazione di mercato stagnante. Le riforme strutturali del mercato del lavoro non possono risolvere il problema della crescita. A meno che non possa incidere sul costo del lavoro».
È favorevole all’abolizione dell’articolo 18?
«Non do una risposta: è un costo per le aziende e una garanzia per i lavoratori. Però il sindacato potrebbe accettare un pacchetto composito di misure per abbattere il costo del lavoro».
L’indennizzo al posto del reintegro?
«Se è alto, non è conveniente per le aziende. Invece, si potrebbe allungare il periodo di prova a sei mesi, un anno. Poi: serve maggiore severità  contro i “finti” contratti di collaborazione con partita Iva, stabilendo per chi lavora per un unico committente un salario minimo, per esempio di mille euro; e vanno resi più appetibili per le aziende i contratti a tempo indeterminato, tramite una riduzione contributiva». 
E i contratti di solidarietà , per lasciare tutti al lavoro?
«Andrebbero sicuramente privilegiati, con un piccolo contributo da parte dello Stato. Ai sindacati piacciono, ma sono le aziende che resistono».
Lei era un sostenitore del gettito proveniente da patrimoni e rendite. Le sembra che il governo abbia fatto abbastanza su questo terreno?
«Sarebbe necessario uno sforzo in più, soprattutto per i grandi patrimoni. Così come va rivisto il meccanismo di rivalutazione catastale, che al momento mi appare iniquo». 
Tempo fa dichiarava che non si potevano ridurre ulteriormente gli stipendi dei dipendenti pubblici, pena il rallentamento della ripresa. Oggi sono loro gli unici a pagare, oltre al resto, anche il contributo di solidarietà .
«Effettivamente, si rasentano i limiti della giustizia sociale. I redditi scoperti sono stati un pò tormentati. Non c’era altro da fare, mi tocca di dirlo; però… tormentati, sì».


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