“Energia, semplificazioni, trasporti è lì la polpa delle liberalizzazioni”

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ROMA – E’ il momento giusto: il clima è mutato e la crisi europea impone cambiamenti ai quali, fino ad ora, il Paese si è sottratto. Ma la partita è così importante che limitare il tema delle liberalizzazioni agli interventi sui taxi o sulle farmacie sarebbe un grosso errore. Tanto più se per riformare alcune categorie si dovessero mettere a rischio i risultati dell’intero processo innovativo. Per cambiare il mercato e agganciare la crescita Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Antitrust, più che dai taxi e dalle farmacie, partirebbe dai settori «capaci di sprigionare un effetto trascinante».
Quali sono presidente?
«L’energia, i carburanti, i trasporti e la pubblica amministrazione, lì c’è la polpa del processo di liberalizzazione»
Ma non affrontando subito i problemi con le categorie non si rischia di dimostrare che basta mettere in ginocchio il traffico per restare immuni dalla svolta?
«Sia chiara una cosa: noi siamo tecnici, le decisioni finali sul come agire spettano al governo e al parlamento. I taxi e le farmacie sono certo parte delle liberalizzazioni e gli interventi necessari vanno comunque fatti. Ma il disegno deve essere di ampio respiro: non possiamo rischiare di bloccare un processo di rinnovamento complessivo per logorarci sulle singole categorie. Perderemmo un’occasione importante per l’intero Paese».
Però di concorrenza e trasparenza si parla da anni e da anni l’Antitrust bacchetta monopoli e chiusure. Perché questa dovrebbe essere la volta buona?
«Perché siamo davanti ad una svolta storica: la crisi impone modifiche nei comportamenti collettivi e individuali e questa può essere un’opportunità  per modernizzarci. Dal punto di vista dei conti pubblici, dopo le manovre da 83 miliardi, ci presentiamo davanti all’Europa con le carte in regola: la proprietà  dei numeri, annotava Pitagora, è la giustizia. Ma ora è necessario che abbia le carte in regola pure l’economia reale: il Paese deve scegliere definitivamente la strada del merito e della competizione e affrontare finalmente il risanamento del tessuto produttivo superando privilegi, rendite e parassitismi».
Pensa che il Parlamento, che è sede anche di lobby e di interessi di categoria, sia davvero predisposto a questo cambiamento? Sulle liberalizzazioni già  stanno montando polemiche e distinguo.
«Al Parlamento che fa da ambasciatore alle categorie particolari si deve contrapporre il Parlamento che rappresenta l’interesse generale: lo sosteneva, nel Settecento, Edmund Burke parlando agli elettori di Bristol. Io credo che ci sia oggi nella nostra classe politica una consapevolezza diffusa che lascia ben sperare».
L’Antitrust ha dato suggerimenti precisi sul come fare le liberalizzazioni. Alcuni sono stati oggetto di critica: la Cisl, per esempio, è contraria alla separazione di Bancoposta da Poste spa, dice che favorirebbe le banche.
«Il nostro obiettivo non è sicuramente quello. Noi abbiamo posto il tema di una maggiore chiarezza fra il soggetto Poste e il soggetto Banca, poi sui tempi e i modi di un eventuale intervento deciderà  il governo».
Ma proprio il governo ha detto che lo scorporo della rete Snam dall’Eni – chiesta da voi – non è una priorità .
«Penso che quel tema sia molto complesso e che richieda un bilanciamento tra esigenze e interessi diversi. Da una parte ci deve essere la tutela della concorrenza, dall’altra l’attenzione che ogni Paese può e deve riservare ai propri campioni nazionali. Ogni intervento in materia deve essere improntato al massimo equilibrio e alla massima ponderatezza, per cui comprendo e condivido la precisazione del Sottosegretario alla presidenza Catricalà ».
Il governo, fra i temi d’intervento sulle liberalizzazioni, inserisce anche la rete idrica, recente oggetto di una consultazione popolare. Cosa ne pensa l’Antitrust?
«Che va rispettata la volontà  popolare. Il referendum ha chiesto che sia fatto riferimento alla normativa europea, e che quindi siano le singole amministrazioni locali a decidere se gestire il servizio in house o ricorrere a gare. Il ricorso al privato non può più essere una scelta esclusiva».


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