IL GOLPE DI BRUXELLES

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Un bel quadretto, ma i dubbi non mancano. È sufficiente ricordare ciò che ha scritto il New York Times: «La Grecia potrebbe aver evitato il default con l’accordo dell’ultima ora ma dubbi sulla sua capacità  di ripagare il debito restano, alimentando i timori sulla necessità  o meno di nuovi fondi di salvataggio». Insomma, «per ora» la Grecia è salva, ma per il futuro non c’è certezza.
Ma che significa salva? Nulla: è una finzione sia in termini politici che economici. Atene ieri notte, infatti, ha perso definitivamente la sua sovranità : il «commissariamento» della Grecia da parte di Bce, Ue e Fondo monetario (che apriranno un ufficio permanente nella capitare per controllare l’operato del governo») forse è meno incruento di quanto accadde nella notte del 21 aprile 1967 con il golpe di Papadopoulos e dei colonnelli che pose fine per molti anni alla democrazia e, per inciso, anche alla monarchia con un referendum truffa. Tuttavia, l’attuale situazione è nei fatti simile a quella del 1967: i partiti ellenici hanno abdicato le loro funzioni e la Grecia è diventato uno stato a sovranità  ridotta, sotto il controllo del sistema finanziario internazionale e senza alcuna prerogativa sulla moneta. Le elezioni di aprile non cambieranno lo scenario, ma il vuoto di democrazia allungherà  i tempi dell’agonia sociale e economica perché il paese è allo sbando. CONTINUA|PAGINA4
Ormai la Grecia è un paese senza coesione sociale, con un tasso di disoccupazione superiore al 20%. Un paese di circa 11 milioni di abitanti (con oltre un milione di senza lavoro) dei quali un paio di milioni sono già  poveri o stanno per diventarlo. Apparentemente la Ue è stata generosa e «generose» sono state anche le banche a rinunciare a parte dei crediti. Ma hanno preteso che d’ora in poi la Grecia metta in un conto vincolato i capitali necessari a pagare gli interessi sul debito e hanno ottenuto dalla Bce l’impegno a essere generosamente (questa volta senza virgolette) finanziate a spese, ovviamente, della collettività . Il tutto con una gigantesca partita di giro che serve – al pari delle evasioni carosello, tanto di moda in questi tempi – a mascherare il gigantesco imbroglio fatto pagare ai cittadini d’Europa. Il tutto sarebbe sopportabile se i cittadini greci ne ricavassero vantaggi. Ma così non è.
L’economia greca fino al 2014 sarà  in recessione e nei prossimi anni il patrimonio di un popolo finirà  a multinazionali che faranno man bassa nei processi di privatizzazione. La disoccupazione è destinata a crescere di pari passo con la povertà  e il paese rischia di perdere le energie migliori alle quali non è in grado di garantire un futuro: solo negli ultimi mesi oltre 2.500 greci – quasi tutti laureati – sono emigrati in Australia in cerca di un futuro negato in patria. 
Quello di cui la Grecia ha bisogno non è un piano finanziario di cosiddetto salvataggio, ma un piano di investimenti produttivi e sociali sul quale nessuno, però, mette un centesimo in attesa che lo sfascio totale permetta di impadronirsi a poco prezzo dell’intero paese.


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