«Negoziati azzerati, lo sciopero generale è dietro l’angolo»

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MADRID- «Dietro questa riforma c’è la mano della troika Ue-Bce-Fmi e dei settori ultraliberisti della destra spagnola, e il suo obiettivo finale è lo smantellamento dello stato sociale». Ramà³n Gà³rriz, membro della segreteria nazionale di Comisiones Obreras, la maggiore confederazione sindacale del paese iberico, non ha dubbi sulla posta in gioco nel conflitto che oppone le organizzazioni dei lavoratori al governo del Partido popular (Pp). Per questo la mobilitazione è destinata a crescere d’intensità : «Torneremo a manifestare domenica prossima e, in assenza di risposte positive alla nostra richiesta di negoziato, non escludiamo la proclamazione dello sciopero generale».
Dopo la convalida del decreto, si apre un periodo in cui il parlamento lavorerà  per introdurre modifiche alla riforma in vista della sua approvazione definitiva. Pensa che ci siano spazi per cambiamenti che vadano nella direzione di quello che chiedete? 
Abbiamo già  incontrato i gruppi parlamentari, compreso quello del Pp, che ci ha detto che il decreto rimarrà  sostanzialmente identico. Nonostante ciò, insistiamo: chiediamo al governo di aprire un tavolo di negoziato. Lo abbiamo detto e ripetuto più volte ufficialmente al premier Rajoy: non accettiamo che, per la prima volta dal ritorno della democrazia in Spagna, l’esecutivo si rifiuti di discutere con noi. Soprattutto se si tiene in considerazione che il 25 gennaio avevamo sottoscritto un patto per la politica dei redditi con l’organizzazione degli imprenditori, che poteva essere molto utile. A differenza di questa riforma, che oltre che ingiusta sarà  inefficace.
In che senso?
La storia recente ha ampiamente dimostrato che le 52 riforme del mercato del lavoro che abbiamo alle spalle nell’ultimo trentennio non sono servite a creare posti di lavoro. Quello di cui c’è bisogno sono politiche industriali, scelte redistributive in materia fiscale, facilitare l’afflusso di credito alle piccole e medie imprese. Invece il governo rende più facili i licenziamenti e altera profondamente, a favore della parte padronale, le regole della contrattazione. Importante sottolineare, poi, che grazie al decreto il tanto predicato dualismo fra precari e garantiti nel mercato del lavoro viene effettivamente superato: ma nel senso che si generalizza il precariato. 
Nel voler «tirare dritto» anche contro di voi, bisogna dire che il governo spagnolo, in Europa, è in buona compagnia…
Sì, c’è una tendenza generale a smontare la politica perché imbriglia l’economia: per questo un governo come quello di Rajoy (e non vedo grandi differenze con l’Italia o la Grecia) ritiene di dover assumere le proprie scelte anche contro le organizzazioni dei lavoratori, ritenute un elemento di disturbo. La strategia dei governi europei, conservatori o «tecnici» che siano, è comune: non potendo svalutare la moneta, si vogliono svalutare i salari. Al sindacato spetta la difesa, in ultima analisi, della politica di fronte ai poteri selvaggi dell’economia.
Crede che il movimento sindacale abbia la forza per farlo?
In Spagna il sindacalismo confederale sta aumentando i propri affiliati e vince regolarmente le elezioni delle rappresentanze: non vedo un indebolimento. Che, invece, mi sembra evidente se ci riferiamo alla sinistra politica, che ha perso la capacità  di proporre alternative all’egemonia neoliberista, particolarmente schiacciante nel nostro Paese. E per resistere di fronte a un avversario così forte c’è bisogno di un ampio fronte politico-sociale. 
Come le sembra, a questo riguardo, la risposta che viene dai socialisti, principale forza d’opposizione? Stanno sostenendo le vostre proteste…
È vero, e ce ne rallegriamo. Ma non si può essere una cosa e il suo contrario: molti dirigenti socialisti, a mio giudizio, se lo dimenticano troppo facilmente. Per questo oggi il Psoe non ha molta credibilità : i semi del decreto di Rajoy sono stati piantati dal governo precedente, che approvò due riforme del mercato del lavoro, dopo il maggio del 2010, che hanno cominciato a rendere più facile licenziare. E bisogna riconoscere, inoltre, che la linea di Zapatero in materia di economia è stata sempre errata: da un lato, assenza totale di misure di politica industriale e, dall’altro, la colpevole complicità  nel far crescere la cosiddetta bolla della speculazione immobiliare, che sta all’origine della crisi attuale.
E il sindacato non deve rimproverarsi nulla?
C’è un ritardo del movimento sindacale nel diventare davvero un movimento europeo, quando sappiamo che l’unica difesa realmente efficace del mondo del lavoro si può dare solo a livello continentale. Quella è la dimensione dello scontro in atto. Su questo c’è piena convergenza con il sindacato italiano: dobbiamo superare le differenze nazionali per evolvere verso una vera organizzazione europea dei lavoratori.


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