Marchionne: “Senza Monti Mirafiori a rischio”

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ROMA – Sergio Marchionne apprezza Mario Monti al punto da dichiarare che senza le garanzie fornite da questo governo sarebbe stato difficile confermare l’investimento per la produzione dei Suv a Mirafiori. Dichiarazione importante perché nel recente passato quell’investimento è stato via via subordinato: al sì nel referendum in fabbrica sul nuovo contratto, all’approvazione da parte del governo dell’articolo 8 della manovra finanziaria, all’uscita della Fiat da Confindustria. Ieri, parlando a Bruges a margine dell’assemblea dell’Acea, l’associazione dei costruttori europei dell’auto, Marchionne si è intrattenuto con i giornalisti. Parlando in italiano con il cronista dell’agenzia Bloomberg, l’ad del Lingotto ha chiesto: «Che cosa fa oggi Monti? Chiude la trattativa sul lavoro?». Poi parlando del premier ha aggiunto: «L’ho incontrato venerdì e l’ho rivisto domenica. Onestamente devo dire che sta facendo un gran lavoro. Posso dire che se non ci fosse stato lui là , l’investimento di Mirafiori non so se sarebbe stato portato avanti…Molto facilmente». 
Un endorsement importante nella giornata più difficile del governo sul fronte del lavoro. Le preoccupazioni di Marchionne non riguardano solo l’Italia e le leggi che regolano i rapporti tra imprese e dipendenti. Come presidente dell’Acea, l’ad di Torino mette in guardia «da quanto accadrà  nei prossimi 24 mesi, necessari per ristrutturare il settore automobilistico in Europa». Operazione indispensabile per «ridurre la capacità  produttiva installata oggi superiore del 20 per cento alle necessità . Stiamo andando verso un periodo di transizione molto doloroso». Non è difficile fare i conti. Con un mercato europeo di 15-16 milioni di auto vendute all’anno la capacità  produttiva in eccesso è di circa 3 milioni di pezzi, equivalenti a circa 10 grandi stabilimenti di assemblaggio finale. Oggi 2,3 milioni di persone lavorano nei 250 stabilimenti grandi e piccoli che producono veicoli (delle auto ai furgoni, agli autobus) nel Vecchio continente. Di queste circa 50 mila potrebbero rischiare il posto nei prossimi due anni. Da tempo Marchionne chiede che sia l’Ue a favorire la chiusura di stabilimenti con un sistema di incentivi ai paesi che tagliano (come era avvenuto negli anni scorsi per l’acciaio) per evitare che sia la guerra tra i costruttori e stilare la lista dei sommersi e dei salvati. In questo modo, pare di capire, si supererebbero le resistenze della Francia in eccesso di capacità  produttiva a causa della crisi di vendite. Ma molto difficilmente l’Europa accoglierà  l’appello a istituire quelli che si trasformerebbero in veri e propri incentivi ai licenziamenti.
In previsione dei tempi difficili che verranno, il Lingotto continua a raccogliere risparmio sul mercato. Ieri mattina Torino ha annunciato l’emissione di un bond obbligazionario a scadenza 2017 che in giornata ha raggiunto i 2,3 miliardi di raccolta, ben oltre i 500 milioni inizialmente previsti. Probabilmente il Lingotto utilizzerà  850 milioni della raccolta. Serviranno per rifinanziare prestiti in scadenza. Nonostante il successo del bond, il titolo è sceso in una giornata del 3,82 spinto al ribasso dalla crisi di fiducia sull’andamento del settore auto a livello mondiale.


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