L’oracolo “nero” con la Legion d’Onore che detta la svolta radicale all’Eliseo

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PARIGI – Il cardinal Richelieu aveva padre Giuseppe, la sua eminenza grigia; Nicolas Sarkozy, più modestamente, ha Patrick Buisson, la sua anima nera. I due hanno in comune solo una cosa: il gusto di restare nell’ombra e di esercitare il loro potere apparendo il meno possibile. Senza Buisson non ci sarebbe il Sarkozy che conosciamo: ammiratore di Charles Maurras e dell’Action Franà§aise, a lungo fiancheggiatore dell’estrema destra, è lo stratega del presidente. Fu lui, nel 2007, a convincerlo ad arare le terre del Fronte nazionale per recuperare gli elettori di Jean-Marie Le Pen. Fu ricompensato con la Legion d’onore all’Eliseo: «Senza Patrick, non sarei qui». Oggi è ancora lui a ispirare la linea spostata a destra, la denuncia dell’immigrazione, delle frontiere colabrodo, dell’assistenzialismo e l’esaltazione della patria, della “France éternelle”, dei valori tradizionali. È convinto che Sarkozy avrebbe fatto peggio al primo turno se non avesse seguito la sua linea. I suoi avversari, i leader più moderati, lo accusano di essere stato un apprendista stregone, di aver sdoganato le idee del Fronte nazionale.
Strano personaggio, cupo, imbronciato, sempre vestito di nero e con il bavero del cappotto rialzato, Buisson «è uno dei rari intellettuali di destra», dice un ex trotzkista che lo conosce bene. Ha sempre rifiutato di entrare all’Eliseo, ma le fatture pagate dalla presidenza alla sua società  sono state contestate dalla Corte dei conti: l’uomo conosce il proprio valore. «Lo avrei voluto come consigliere, ma non potevo permettermelo», dice perfidamente Jean-Marie Le Pen, che lo ha conosciuto e frequentato negli anni ‘80. Politologo e giornalista, profondo conoscitore della storia francese, è sulla carta cattolico e reazionario. Ma non è un baciapile, né un rozzo clericale. «Un anarchico di destra», dicono. Sarkozy ne è rimasto affascinato nel 2004, quando Buisson pronosticò una vittoria del no al referendum sulla costituzione europea con il 55 per cento dei voti, centrando in pieno il risultato. Da allora lo ascolta come un guru.
E di idee Buisson ne ha a iosa. Nella sua analisi, il voto protestatario non è la componente essenziale del successo frontista. Gli elettori Fn, dice, sono ex sostenitori della destra gollista, che si sentono traditi dall’impegno filo-europeista, ed ex comunisti, nostalgici del vecchio Pcf conservatore, autoritario e nazionalista. Le sue intuizioni funzionarono nel 2007: «Ha dato a Sarkozy le parole, i codici, il linguaggio che bisogna impiegare con gli elettori del Fronte nazionale», ha riconosciuto lo stesso Le Pen padre. Forse, però, gli è sfuggita, almeno in parte, la novità  rappresentata dalla figlia, meno legata a quel mondo da cui Buisson viene. E non ha azzeccato il risultato di domenica: aveva pronosticato Hollande sotto il 26%.
In ogni caso, il presidente-candidato continua ad ascoltarlo come un oracolo e a utilizzare i suoi argomenti: la Nazione, il lavoro, l’autorità , le radici cristiane della Francia, i valori tradizionali. Se Sarkozy è largo e senza radici, come una ninfea, Buisson gli offre la profondità , consentendogli perfino di citare Gramsci: politicamente colto come pochi, l’anima nera può permettersi di trovare anche a sinistra i mattoni per costruire le sue teorie destrorse.


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