Eurolandia divisa sulla crescita “Il rigore resta, niente Golden Rule”

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BRUXELLES – La Grecia ormai a rischio di dover abbandonare l’euro. La Spagna che non riesce a tenere la tabella di marcia del risanamento e che rischia di essere travolta dalla crisi del suo sistema bancario. I ministri finanziari dell’Eurogruppo si sono riuniti ieri ancora una volta sotto il tiro incrociato dei mercati, con le Borse in caduta libera, gli spread in piena risalita e nuovi fattori di vulnerabilità  che fanno tornare a planare sull’Europa la paura del contagio. Una minaccia che li obbliga a confermare la strada del rigore per rassicurare i mercati, rendendo più ardua la discussione su possibili strumenti per stimolare la crescita. E questo proprio mentre dalla Casa Bianca arriva l’ennesimo invito a «fare di più» per risolvere una crisi che minaccia apertamente anche l’economia americana.
Ieri comunque i ministri hanno gettato un ultimo, disperato salvagente ad Atene. «I membri dell’eurozona hanno una determinazione incrollabile di mantenere la Grecia nell’Unione monetaria. Non immagino neppure che se ne possa andare: è un non senso, è un assurdo, è solo propaganda», ha dichiarato il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker. Ed ha aggiunto, riferendosi ai “falchi” dell’austerity: «Non mi piace come alcuni minacciano quotidianamente la Grecia, non è questo il modo di trattare amici e concittadini dell’Unione europea». 
Solo poche ore prima, i toni della Germania e dell’Austria erano stati molto pesanti. «Abbiamo già  fatto grandi sforzi, il massimo possibile. Non vedo che cosa si sarebbe potuto fare di più in termini di contenuto», aveva dichiarato il ministro tedesco Schauble. E l’austriaca Fekter era stata ancora più minacciosa: «Non si può semplicemente abbandonare la zona euro. Per farlo, un Paese deve prima uscire dall’Unione europea. In un secondo tempo può negoziare una riadesione, ma guarderemmo due volte prima di riammetterlo». Ma già  prima della riunione altri, soprattutto tra i Paesi più esposti, si erano dimostrati molto più preoccupati. «L’uscita della Grecia sarebbe una catastrofe, e aumenterebbe il rischio di contagio», aveva detto il belga Didier Reynders, invocando la concessione di prestiti a lunghissimo termine per Atene, «come era stato fatto per la Turchia». Evidentemente, stretti nella morsa di una crisi che si riacutizza, i ministri alla fine hanno deciso di scegliere la linea della solidarietà , anche per scoraggiare nuove speculazioni dei mercati. E Juncker si è perfino spinto a dire: «Se si verificassero situazioni eccezionali, non escluderei a priori che si discuta un allungamento delle scadenze». 
Ma, oltre alla Grecia c’è la Spagna, altro fattore di rischio, e per le sue dimensioni ancora più preoccupante. «Chiediamo la cooperazione dell’Eurozona perché il Paese ha fatto tutto quello che doveva fare», dice il nuovo ministro spagnolo Luis De Guindos. Madrid, secondo le stime della commissione, l’anno prossimo avrà  un deficit più che doppio rispetto al tetto del 3 per cento che si era impegnata a rispettare. Per di più il governo ha imposto alle sue banche, pericolosamente colpite dalla bolla immobiliare, ricapitalizzazioni per trenta miliardi di euro che non sembrano facilmente reperibili. C’è il rischio che lo Stato debba intervenire peggiorando ancora i suoi conti. Oppure che venga richiesto l’aiuto dell’Efsf, il fondo salva Stati appena costituito. Per discutere questa ennesima crisi, prima dell’incontro dei ministri, si sono ritrovati a colazione il presidente della Bce, Draghi, quello dell’Eurogruppo, Juncker, con Barroso e Van Rompuy. Ma anche sul caso spagnolo si può scommettere che le posizioni dei governi europei sono tutt’altro che convergenti.
Infine c’è la questione crescita: un discorso difficile da portare avanti con i debiti nuovamente sotto attacco. Ieri la commissione affari economici del Parlamento europeo ha bocciato un emendamento di Roberto Gualtieri (Pse) che, in nome della cosiddetta Golden Rule, proponeva di non contabilizzare nel calcolo dei deficit due quinti degli investimenti produttivi. La commissione ha invece approvato l’ipotesi di creare euro-bond. Ma su questi temi, le decisioni sono saldamente nelle mani dei governi, e in particolare della cancelliera Merkel, che oggi incontra per la prima volta il neopresidente francese Hollande.


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