La Mediazione in Siria di Kofi Annan Buone intenzioni, Pochi Risultati

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E al di là  del buonismo diplomatico che considera ancora cruciale il suo piano, chi gli dà  retta? Per l’ex Segretario Generale dell’Onu, che lasciò il suo incarico circondato da non poco prestigio personale, la Siria sta diventando una trappola che può cambiare il suo posto nei libri di storia. Certo, fermare le milizie di Assad e convincere al dialogo le varie e non sempre amiche fazioni ribelli sembrava sin dall’inizio una mission impossible. Oggi c’è chi dice che Annan sia pentito di avere accettato l’incarico. Ma la voglia di tornare protagonista e il senso del dovere hanno avuto la meglio. E ora tutta la comunità  internazionale gli è grata perché può urlare ai quattro venti che quella del piano Annan «è l’ultima chance», come dire che se fallisce un po’ di colpa, oltre a quelle scontate di Assad, sarà  anche di chi lo ha elaborato.
Negli ultimi giorni, però, Kofi Annan ai suoi desolati bilanci ha aggiunto due concetti. Il primo è che mentre le responsabilità  maggiori per i massacri in corso sono di Assad e dei suoi sgherri, anche gli oppositori non scherzano. Il secondo è che la sua mediazione non sarà  illimitata nel tempo. Disponibile sì, ma stupido no. Occorre definire con precisione, è stato il messaggio di Annan, quel che l’Onu può o non può fare mentre grandi quantità  di armi entrano in Siria dal confine libanese dirette ai vari gruppi ribelli. Si può schierare entro la fine di maggio tutti e trecento gli osservatori approvati (oggi sul terreno sono in 66). Si può sperare che cambino qualcosa. Ma quando il turco Erdogan parla di due-tremila osservatori, pensiamo davvero che Assad li accetterebbe, o forse intendiamo paracadutarli? Insomma, per Kofi Annan è cominciato il conto alla rovescia, per quanto possa essere triste tornare a fare il pensionato.


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