«Via i deboli, ora più aiuti a Roma e Madrid»

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Secondo lo storico Paul Kennedy l’ambizioso progetto iniziale dovrebbe essere ridimensionato Per lo storico Paul Kennedy la sorte dell’euro e dell’Unione Europea si deciderà  nei prossimi sei, sette mesi.
Ma l’euro non scomparirà  e l’Unione Europea non crollerà . «Saranno forse i mesi più difficili della storia della Unione, mesi di tempeste sui mercati — dichiara al telefono dall’Università  di Yale in America l’autore di Ascesa e e declino delle grandi potenze Il Parla—. Mesi di ulteriori mento dell’uomo sacrifici e riforme dei Paesi più deboli, con scosse traumatiche, come l’uscita della Grecia dalla area dell’euro, che mi sembra ormai probabile.
Ma se l’Europa saprà  mantenersi in equilibrio tra l’austerity e la crescita, se rivedrà  il proprio progetto, a mio parere troppo ambizioso, e se la politica, i partiti, sapranno attutire o metabolizzare lo scontento popolare, a medio e lungo termine, ne trarrà  beneficio». Kennedy fa una pausa, poi: «Anticipo la sua domanda. L’Italia ce la farà . Dovete avere fiducia».
Incominciano dall’Italia. Come molti altri membri dell’Ue è all’apice della crisi e la protesta aumenta.
Che cosa la rende ottimista? «Intanto sta affrontando la realtà  e sta dando prova di poter cambiare. Se proseguirà  su questa strada, otterrà  altri appoggi dalla Banca centrale europea e forse anche dalla Germania.
Inoltre i mercati non credono che si arrenderà . Le cito la Goldman Sachs: ha portato da 3 a 9 miliardi di dollari i bond italiani in suo possesso, segno che crede nel vostro governo e nella vostra ripresa. Al tempo stesso, però, ha ridotto da 6 miliardi a 600 milioni di dollari i titoli delle banche italiane che aveva, segno che diffida di esse: dovete raddrizzarle in fretta».
Passiamo alla Grecia: la sua uscita dall’euro non sarebbe un suicidio economico? «La danneggerebbe, ma solo inizialmente, poi la aiuterebbe. I mercati la suoi bond e quelli tedeschi — è eccesdanno quasi per certa, è il motivo per sivo. L’Europa deve provvedere, concui l’euro è sceso al minimo dello an- ciliare austerity e crescita come le ho no, 1,28 rispetto al dollaro. Se la Gre- detto: dalla sua stabilità  dipende quelcia uscirà  dall’euro l’impatto non sarà  la dell’economia globale. L’Europa è troppo negativo. Penso che in questo l’area che importa di più al mondo, il caso i mercati si comporteranno con 30 per cento dei prodotti manifattula Grecia come si comporterebbero rieri americani ad esempio. Il suo crolcon una banca in dissesto: all’ avven- lo non è nell’interesse di nessuno».
to di un nuovo management, le quotazioni della banca salgono». In che senso lei dice che l’Unione Europea deve rivedere il proprio Ma l’uscita della Grecia non si ri- progetto? Dove sta sbagliando? percuoterebbe su altri Paesi come il «In questo: la burocrazia di BruxelPortogallo o la Spagna? les vuole un’Europa sempre più coe«Potrebbe ripercuotersi sul Porto- sa, sempre più legata, ed è perfettagallo, ma di nuovo neppure l’uscita mente comprensibile. Ma questa videl Portogallo dall’euro sancirebbe la sione si scontra con lo scontento pofine della moneta unica e della Unio- polare di cui parlavo. Ovunque le elene Europea. Il pericolo vero è la Spa- zioni locali si colorano della protesta gna: lo spread — il differenziale tra i contro l’establishment e contro la politica, i partiti. È successo in Francia, in Germania, e vedrà , succederà  anche in Olanda, le colonne portanti dell’Unione. Per non parlare dell’esplosione di violenza popolare a Madrid e Atene».
Pensa che si dovrebbe passare a un’Europa a due velocità , il Nord ricco e il Sud povero? «No. Ne parlarono anni fa il leader francese Mitterrand e il leader tedesco Schmidt, ma non vedo come un’Europa a due velocità  possa funzionare data l’esistenza della moneta unica. Voglio dire che sarebbe meglio che Paesi deboli come la Grecia e il Portogallo, che non erano in grado di abbracciare l’euro, lo abbandonassero. E che sarebbe meglio che Paesi come l’Italia e la Spagna fossero maggiormente sorretti: l’Unione ne ha i mezzi tecnici».
Non bisognerebbe anche regolamentare i mercati? Le loro speculazioni non aggravano la crisi? «Certo, però la regolamentazione deve essere coordinata tra tutte le principali piazze, deve essere globale.
È inutile, anzi controproducente che la imponga solo l’Unione Europea. Le grandi banche e le altre istituzioni finanziarie si sposterebbero a Londra o a New York. Certe transazioni si fanno soprattutto a Londra. Per questo motivo Cameron è contrario a tassarle. Sarebbe come tassare l’Inghilterra».
In conclusione? «L’Europa mantenga l’austerity perché altrimenti i mercati la puniranno e si rilanci economicamente. Sia meno rigida di quanto vuole la Germania, assicuri un minimo di benessere alle famiglie. E ridimensioni il sogno dei padri fondatori: col tempo, il suo comune patrimonio le consentirà  di raggiungere comunque i suoi obiettivi».


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