Ma il ministro si arrende al Tesoro “Faremo con il poco che abbiamo”

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S. MARGHERITA LIGURE â€” «Cercheremo di fare con le poche risorse che abbiamo». Corrado Passera, ministro dello Sviluppo, sa che non può gettare la spugna. Nei colloqui riservati con i vertici di Confindustria prima del suo intervento al convegno dei Giovani ammette che «sì, qualche problema con il viceministro dell’Economia,
Vittorio Grilli, c’è stato» nella riunione dell’ultimo Consiglio dei ministri. E che «sì, c’è un confronto in atto con la Ragioneria », ma che lui intende «metterci la faccia» sulle misure per la crescita. Non si sottrarrà  e non ci pensa nemmeno alle dimissioni, come invece era trapelato. «Ci vuole tempo, ma io queste cose le porto a casa», ha assicurato. Dice che la situazione «è critica, molto difficile, ma non emergenziale», come invece l’aveva definita il giorno prima proprio Grilli.
E incassa il sostegno di Angelino Alfano (Pdl), Pier Ferdinando Casini (Udc) e Enrico Letta (Pd): «Se dovessimo scegliere tra Passera e Grilli – dicono – sceglieremmo il ministro dello Sviluppo».
Passera punta a far approvare la prossima settimana non più “il” decreto sviluppo, bensì uno dei decreti per far ripartire l’economia. Altri – dice – ne seguiranno. Sta qui il compromesso con gli uomini del Ragioniere generale
Mario Canzio e con il capo di gabinetto dell’Economia, Vincenzo Fortunato (considerato ancora vicinissimo all’ex ministro Giulio Tremonti), che, ancora prima che arrivasse a Palazzo Chigi, hanno bloccato giovedì scorso il decretone sullo sviluppo. Il provvedimento che dovrebbe essere esaminato la prossima settimana dal Consiglio dei ministri è stato decisamente annacquato rispetto alla versione originale. Non ci sono nuove risorse, bensì una riallocazione di fondi già  stanziati. Una mini spending review, insomma, in un ministero, quello dello Sviluppo, che è stato largamente depotenziato in termini di stanziamenti e di struttura da Tremonti ai tempi del suo scontro di potere tutto all’interno del Pdl con Claudio Scajola. Passera sa bene che la sua ricetta non sarà  sufficiente per un sistema economico quasi paralizzato, con la produzione industriale in costante discesa, ormai a un impressionante
–23,5 per cento, secondo le stime del Centro studi della Confindustria, rispetto al picco dell’attività  prima della recessione (aprile 2008). Ma ha anche chiaro il fatto che non ci sono alternative nel breve tempo. La sua si intitola “Agenda per la crescita sostenuta e sostenibile”, dove l’ultimo aggettivo, questa volta, riguarda appunto la finanza pubblica e non l’impatto ambientale.
La compensazione dei creditidebiti Iva non ci sarà . L’aspettavano gli industriali ma dovranno rinunciarci: troppo costosa. Il credito di imposta per le assunzioni riguarderà  solo le più alte figure di ricercatori. Poco, secondo i piccoli e medi imprenditori italiani che hanno sempre investito marginalmente in innovazione. I tecnici di Passera stimano 4-5 mila possibili assunzioni.
Ripete, Passera, che «non c’è un’ideona», ma che per la crescita «vanno usate tutte le leve»,
quelle normative, per la semplificazione e l’accelerazione delle procedure, compreso il filtro per accedere all’appello nei processi civili; quelle economiche, riprogrammando in maniera efficace gli stanziamenti esistenti. Come i 30 miliardi deliberati dal Cipe per le opere infrastrutturali che – sostiene – arriveranno a 50 entro la fine dell’anno. In questo caso è il “Salva Italia” che ha fissato in 90 giorni il termine entro il quale le
delibere devono diventare operative.
C’è ancora “il piano casa” per la valorizzazione urbana nella bozza di Passera, ma non è detto che superi l’esame della Ragioneria. Dovrebbe costare due miliardi e potrebbe essere in grado di metterne in movimento almeno dieci di più. Il Tesoro l’ha già  bloccato. Mario Ciacca, vice ministro alle Infrastrutture, spiega che l’obiettivo è coinvolgere i privati, oltreché la Cassa depositi e prestiti, con un trattamento fiscale dei project bond pari a quello previsto per i titoli di Stato. Potrebbe essere questa la strada per attrarre i fondi privati, ma pure i fondi sovrani. I tecnici hanno cancellato 43 leggi nazionali sugli incentivi alle imprese che dipendono dal ministero dello Sviluppo. Sono stati riprogrammati in un Fondo per la crescita con un totale di 600 milioni. Sono le cose «possibili», insiste Passera.


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