«Francia e Italia possono insieme cambiare le priorità »

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«Il fattore tempo è decisivo, quanto lo è la necessità  di rafforzare le istituzioni politiche, e non solo quelle economiche, dell’Europa. Occorre un salto di qualità  nella definizione di una nuova governance europea che sia all’altezza della sfida decisiva: quella della crescita. In questa ottica, Hollande sta rafforzando quel patto euromediterraneo che vede l’Italia tra i protagonisti». A sostenerlo è Harlem Désir, europarlamentare e coordinatore nazionale del Ps francese. «È importante rileva Désir l’apertura di Hollande alla richiesta greca di avere più tempo per realizzare un risanamento che non comporti altra devastazione sociale. L’Europa deve ricominciare ad essere sinonimo di speranza, di solidarietà , di nuove prospettive in un mondo messo in crisi dal dominio dei mercati finanziari». Quanto al rapporto con la Germania, il numero due dei socialisti francese nega che Hollande intenda perseguire la strada di un direttorio franco-tedesco. «Il punto aggiunge è che è interesse dell’Europa, e non solo della Francia, portare la Germania su posizioni meno rigide. E le ultime affermazioni della cancelleria Merkel (i mercati non sono al servizio del popolo, ndr) confortano questa visione».
L’incontro a Roma tra Monti e Hollande apre una settimana cruciale per l’Europa. Con quali prospettive?
«La posta in gioco è quella di cambiare le priorità  nell’agenda europea, al cui centro devono essere poste le misure necessarie, e non più rinviabili, per affrontare la sfida decisiva per il futuro dell’Europa. Questa sfida si chiama crescita. Ed è una sfida fatta di impegni concreti, che chiamano in causa non solo le istituzioni economiche dell’Europa, a cominciare dalla Bce, ma anche quelle politiche che non possono essere relegate ai margini del processo decisionale. Da questo punto di vista esiste una grande “questione democratica” europea. È su questo terreno che si misura la capacità  dei progressisti di portare avanti una visione, un progetto di Europa alternativi a quelli dei conservatori. Il deficit democratico non è meno importante di quello di bilancio».
L’Europa come centro dell’azione politica.
«Non può essere altrimenti. Cercare soluzioni nazionali per uscire dalla crisi non è solo sbagliato, è qualcosa di anacronistico. Vuol dire non fare i conti con i processi di globalizzazione, le cui dimensioni sono tali da non permettere a nessun Paese europeo, da solo, di poter competere. L’Europa è al centro della crisi mondiale, perché la destra non è stata capace di attaccare la speculazione, smantellando così lo stato sociale e aggravando la situazione. Abbiamo una grande responsabilità  verso la Grecia, la Spagna e gli altri Paesi attaccati dalla speculazione finanziaria e la risposta a questa crisi deve essere europea, un’Europa differente che discuta di crescita e solidarietà , che disponga di una moneta comune e di una finanza comune, partecipe di un’avventura comune: non vogliamo un’Europa del nord contro un’Europa del Sud».
A proposito di Grecia e Spagna. «Credo che l’Europa non decida abbastanza in fretta. Non possiamo aspettare ancora che la Grecia, la Spagna presentino nuovi rischi. Bisogna agire subito». Così Hollande a Roma.
«Di nuovo la centralità , tutta politica, del fattore tempo. La Grecia ha chiesto a l’Europa più tempo, non più aiuti. È una richiesta ragionevole che non va lasciata cadere nel vuoto. Lo stesso discorso vale per la Spagna. Indebolire i Paesi dell’Eurozona sarebbe una sciagura per tutti, anche per chi si crede oggi più forte. Ed è importante che Hollande e Monti si siano ritrovati nella definizione di una concreta road map a tre tappe per uscire dalla crisi. In questo contesto, l’affermazione di Hollande sulla Grecia conforta quanto abbiamo sostenuto in un appello lanciato da esponenti politici e intellettuali europei: è opportuno valutare una revisione realistica degli obiettivi di bilancio da raggiungere entro il 2014 che consenta alla Grecia di coniugare ripresa economica e sostenibilità  dei conti pubblici».
Le dinamiche in atto confortano o mettono in crisi il «manifesto di Parigi»? «Non solo non lo mettono in crisi ma al contrario rende ancor più urgente la sua attuazione. Vogliamo rafforzare il ruolo della Banca europea degli investimenti, un migliore uso dei fondi strutturali europei. Pensiamo ad una tassa sulle transazioni finanziarie internazionali, sia per regolare i mercati finanziari e sia per generare nuove risorse (50 miliardi di euro l’anno) per sostenere misure per la crescita in Europa. Assieme al Pd e alla Spd abbiamo messo in campo una proposta relativa alla emissione di project bond e alla mutualizzazione dei prestiti, per finanziare iniziative per la crescita in settori strategici, come è quello, ad esempio della green economy, un campo nel quale l’Europa dovrebbe essere pioniera».


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