Occupazione straniera ancora in calo nelle piccole imprese: -11 mila
VENEZIA – Cala e continuerà a calare l’occupazione straniera nelle piccole imprese italiane. Le stime per il primo semestre del 2012 parlano di -0,8% di lavoratori (pari a circa 11 mila persone) e le previsioni per il secondo semestre raccontano di un ulteriore calo del -1,3% (quasi 18 mila unità ). Sono i dati della Fondazione Moressa di Mestre, che ha condotto un’indagine coinvolgendo oltre 800 imprese italiane con meno di 20 addetti. Il maggior calo ha interessato, nel primo semestre, i settori dell’edilizia (-2,9%) e della produzione (-2,3%), dove si prevede un’ulteriore perdita per la fine dell’anno, rispettivamente del -3,0% e -3,1%. “La crisi ha colpito e continuerà ancora a colpire la manodopera straniera – spiegano i ricercatori della Fondazione Moressa -, sebbene il lavoro degli immigrati, soprattutto in alcuni settori, sia indispensabile per ricoprire mansioni dalla bassa qualifica poco attrattive per i lavoratori italiani”.
A livello contrattuale la maggior parte degli stranieri (79,1%) ha contratti a tempo indeterminato. Più limitato è il ricorso a contratti atipici, come il tempo determinato (6,1%) e altre tipologie contrattuali a termine (14,8%). “Proprio per il tipo di inquadramento a tempo indeterminato con cui gli stranieri sono assunti, la piccola impresa può rappresentare un’opportunità di integrazione per il lavoratore immigrato” aggiungono i ricercatori. Le principali aree di provenienza dei lavoratori (di cui il 35,4% è extraUe), sono Albania (13,7%), Moldavia (5,6%) e Macedonia (5,6%). Consistente è anche la presenza di africani (28,3%) e di cittadini dell’Ue (22,7%), soprattutto dalla Romania (20,8%). In generale le mansioni sono non qualificate (67,5%), mentre il 30,6% risulta essere operaio specializzato. Oltre la metà degli imprenditori intervistati (51,0%) ricerca lavoratori stranieri con esperienza lavorativa generica. L’incontro tra impresa e lavoratore straniero avviene nella maggior parte dei casi per contatto diretto (53,2%) o per segnalazione (24,4%) e solo il 10% fa ricorso alle agenzie di impiego. Il 60,6% delle imprese, infine, versa gli stipendi su conto corrente, il 32,1% tramite assegno e solo il 7,4% in contanti. (gig)
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