Il sindaco di Gerusalemme incontra le donne del G8

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Si sono incontrate a Gerusalemme per elaborare un percorso di azioni comuni, per superare molti ostacoli, non solo quelli presenti all’interno della società  israeliana, con le sue contraddizioni e i suoi conflitti, ma anche quelli legati alla loro condizione “di genere”. Il loro essere donne all’interno di mondi dove tradizionalmente è più spesso l’uomo ad avere potere ed autorità . Una sfida importante, dunque, quella del “G8” delle donne, che ha favorito l’incontro di sensibilità  così apparentemente lontane, per religione, esperienze, opportunità . Una sfida che il sindaco di Gerusalemme ha mostrato di tenere in grande considerazione ricevendole con tutti gli onoru alla city hall.

Qualche esempio delle cose fatte in questi primi due anni. Innanzitutto, il corso per la risoluzione nonviolenta dei conflitti organizzato dallo Haredi college, l’università  degli ebrei ultraortodossi creata da Adina Barshalom, figlia del Gran rabbino di Gerusalemme, con il sostegno della Provincia autonoma di Trento. Un’esperienza unica, nata in un contesto apparentemente molto chiuso, che per l’occasione ha aperto le sue porte anche a corsiste arabe e delle altre comunità  che convivono nel paese. Il percorso si è concluso oggi con la consegna dei primi diplomi a quelle che diventeranno le prossime “ambasciatrici di pace” del Paese. Un altro concreto è il centro comunitario di Lod, aperto in un quartiere degradato della città , abitato prevalentemente da beduini inurbati; il centro in passato, e nonostante la sua collocazione, era caduto in disuso, soprattutto per mancanza di fondi, e di fatto privatizzato da alcune associazioni, divenendo più un luogo di discriminazione che d’incontro. Ma recentemente, grazie ad un impegno congiunto delle famiglie del quartiere, è stata avviata una nuova gestione. La direttrice della struttura è ora Faten Helzinaty, musulmana, che ha in quest’occasione in Tehilabila Barshalom il suo braccio destro.

A giorni aprirà  il primo doposcuola per i bambini delle famiglie beduine del quartiere, e quindi altre attività  rivolte ai giovani e alle donne. Il centro promuove inoltre un programma per il recupero del fatiscenti condomini della zona: con 10000 euro si possono risanare fino a 40 appartamenti, ricorrendo al lavoro semi gratuito della popolazione. I cambiamenti, come ha potuto constatare la delegazione trentina, sono evidenti. Ed ancora: a Tel Sheva, cittadina beduina nel deserto del Neghev, è partito un progetto per sostenere e migliorare la scuola pubblica. Il tutto rientra nel programma Revadim, finanziato da una fondazione ebraica Rashi Foundation e da altri donatori anche esterni ad Israele. Quella di Tel Sheva è la prima scuola beduina ad esserne interessata, delle oltre 65 fino ad oggi coinvolte in tutto Israele. 5 di queste 65 sono miste ebraico-arabe. Se pensiamo che tutte le scuole primarie dell’ Alto Adige hanno una segregazione su base etnolinguistica potremmo affermare che c’è molto da imparare.

Si tratta di un “fare assieme”, senza peraltro rinunciare alla loro identità . Un concetto questo ribadito anche dal sindaco di Gerusalemme nell’incontro di oggi, dopo avere ringraziato la Provincia Autonoma di Trento ed in specifico il presidente Dellai e l’assessore Beltrami. “La nostra città  è per tradizione una città  aperta a tutti. Nella tradizione ebraica si dice che dopo la cattività  in Egitto le tribù di Israele ebbero ognuna una terra dove abitare. Ma Gerusalemme non andò a nessuna tribù, perché doveva rimanere una città  aperta a tutte le popolazioni e a tutte le religioni. Anche oggi noi possiamo vedere questo camminando per le strade di Gerusalemme. Possiamo vedere ebrei ultraortodossi camminare assieme a musulmani o cristiani, possiamo vedere gente di ogni nazionalità , di ogni credo o provenienza, vivere assieme. E questo è in fondo il fondamento stesso delle moderne democrazie.” Gerusalemme, infatti, ospita un terzo di ebrei ultraortodossi, un terzo di ebrei laici ed un terzo di arabi. Quest’ultimi non votano non riconoscendo l’autorità  politica di Israele.

“E se facessimo di Gerusalemme la nuova sede dell’Onu?“, ha chiesto il direttore di Unimondo, riprendendo una proposta elaborata dall’Università  di Padova, grazie al professor Antonio Papisca, e fatta propria dalla Tavola per la pace. Il sindaco si è detto possibilista. A patto, naturalmente, che sia tutta la città  a volerlo e che gli equilibri internazionali, naturalmente, lo consentano. Il G8 delle donne è stato organizzato lo stesso giorno delle elezioni Usa. Ha vinto Obama. C’è ancora un margine di speranza!

Fabio Pipinato

Questo articolo è stato scritto durante la missione in Israele – Palestina resa possibile grazie al contributo dell’Assessorato della solidarietà  internazionale e la convivenza della Provincia Autonoma di Trento nell’ambito del percorso Officina Medio Oriente


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