Venezuela, il buio dopo Chavez

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Come in ogni regime semiautoritario anche in Venezuela le notizie sulla salute del leader sono scarse e contraddittorie, alimentando così l’abituale ridda di ipotesi, retroscena, voci di complotti e di imminenti colpi di Stato. Il fatto è che la Costituzione venezuelana prevede che il presidente eletto decada 90 giorni dopo il giorno in cui avrebbe dovuto giurare: in aprile quindi, salvo guarigioni e ritorni sorprendenti, Chavez dovrebbe essere dichiarato impossibilitato a svolgere il suo ruolo e il paese andare ancora alle urne.

Tutto semplice? Affatto. Qualcuno vuole interpretare a suo modo la legge fondamentale e dichiarare Chavez presidente, anche senza la sua presenza. Sarebbe una forzatura. Per questo si sono levati appelli autorevoli per gestire in modo democratico la transizione.

Scrive l’agenzia Misna: “Un appello a non «alterare la Costituzione», e a tutelare il bene comune in «un momento difficile e incerto per il paese» è stato rivolto tre giorni fa da monsignor Diego Padrà³n, presidente della Conferenza episcopale del Venezuela. Il riferimento, esplicito, è alle tensioni politiche alimentate dalla malattia del presidente Hugo Chà¡vez.

«È un momento difficile e incerto – ha sottolineato monsignor Padrà³n – che potrebbe condurre il paese verso un crocevia pericoloso». Secondo il presidente dei vescovi, i ben 25 comunicati del governo sulla salute di Chà¡vez hanno contribuito a «confondere la popolazione» e ora l’unica certezza è che «il 10 gennaio finisce un mandato del presidente e ne comincia un altro». «Questa assemblea non vuole intervenire nell’interpretazione della Carta fondamentale – ha aggiunto monsignor Padrà³n – ma è in gioco il bene comune e alterare la Costituzione è moralmente inaccettabile».

Nei giorni scorsi il vicepresidente Nicolas Maduro ha sostenuto che la cerimonia di insediamento del capo dello Stato è una pura «formalità » e che Chà¡vez potrebbe giurare anche in seguito, di fronte alla Corte suprema. Diversi osservatori hanno letto queste dichiarazioni alla luce dell’eventualità  che giovedì il presidente non sia in condizioni di rientrare in Venezuela e prestare giuramento. Un fatto che secondo l’opposizione dovrebbe portare a una presidenza ad interim e a un ritorno alle urne pochi mesi dopo il voto dell’ottobre scorso”.

Di Maduro Lettera43 dà  questo ritratto: “Il 50enne Maduro appartenente all’ala «cubana» del chavismo e vissuto all’ombra del presidente per anni, secondo alcuni analisti, non avrebbe infatti il carisma adatto per catturare un popolo orfano del suo leader.

È il leader della frangia militare del chavismo, imprescindibile puntello di un governo basato sulla rivoluzione armata. Il 28 dicembre scorso Maduro, parlando alle guarnigioni militari e soffermandosi sulle condizioni di Chavez, aveva detto: «C’è una rivoluzione militare in corso e deve restare permanente, non può fermarsi». Un messaggio che in tanti hanno considerato particolarmente pregnante in un momento in cui il ruolo dei militari appare più che mai decisivo: l’esercito ha il controllo logistico e amministrativo delle funzioni vitali dello Stato, i suoi membri siedono in alcune istituzioni chiave del Paese e 11 dei 23 Stati venezuelani sono guidati da ex ufficiali.

E ancora, i militari sono stati integrati negli apparati parastatali di assistenza alla popolazione che contraddistinguono lo stesso chavismo. Per ora le due anime del governo bolivariano – quella militare e quella civile – appaiono tese a rispettare il pacifico ordine costituzionale. Ma qualsiasi scenario futuro non è possibile senza il consenso dei militari. Che, se la confusione dovrebbe tramutarsi in manifestazioni di piazza si vedrebbero costretti a intervenire con un epilogo tutt’altro che prevedibile. Anche perché, all’esercito regolare, va aggiunta la presenza dei 120 mila soldati della milizia bolivariana, di fatto una guardia pretoriana del presidente”.

Altri possibili successori, come scrive Alessandra Cristofari, sono: “Secondo in lista potrebbe essere l’ex vicepresidente Elias Jaua che si è presentato alle elezioni come governatore dello stato di Miranda contro Capriles, candidato dell’opposizione. Solo con la vittoria avrebbe potuto ottenere la possibilità  di una credibilità  tale da poter accedere al dopo Chavez e nonostante la vittoria di Capriles, i risultati ottenuti sono buoni perché ha avuto il 46%. “Se lavoriamo insieme sarà  più facile riuscirci, non cadiamo nei rumors o nell’odio. Amiamo il nostro prossimo”, ha detto su twitter Capriles e ancora: “I venezuelani devono costruire, non distruggere. Il 2013 sarà  un anno di molto lavoro, con più impegni e sforzi. Continueremo a costruire per cercare di avere quel miglior futuro per il paese che tutti vogliamo”. L’ultimo contendente è Diosdado Cabello, presidente dell’Assemblea Nazionale. Ex presidente dell’esercito, rappresenta a pieno la tendenza militarista di Chavez e per questo potrebbe guadagnare una fetta importante nel potere”.

La situazione è dunque molto fluida e il suo evolversi avrà  implicazioni non solo nel paese ma in tutto il continente. L’America Latina vive infatti una stagione delicatissima con il ripetersi di segnali inquietanti e di scricchioli che mettono in forse quel cammino verso la democrazia che sembrava ormai solido. Ritornano i colpi di Stato (in Honduras e per certi versi in Paraguay), ritornano i fantasmi del passato (vedi la richiesta argentina sulle Falkland), restano i problemi di sempre (povertà , sfruttamento da parte delle multinazionali, ruolo dei militari). Il Venezuela sarà  il crocevia per capire quale futuro attende il sud America. [PGC]


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