CONTI A POSTO E NUOVI POVERI

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I rischi di medio e lungo periodo, per gli individui, ma anche per il paese, sono intuibili: depauperamento e spreco di capitale umano e sociale, oltre che indebolimento della coesione sociale, a livelli che possono minare le possibilità  stesse di cogliere le opportunità  di ripresa, se e quando questa arriverà .
Come mostra il Rapporto Bes, il peggioramento della situazione aveva conosciuto già  una forte accelerazione tra il 2010 e il 2011. Era aumentata la percentuale di persone che sperimentano condizioni di grave deprivazione e quella di individui (escludendo i pensionati) che vive in famiglie in cui non c’è neppure un occupato era infatti salita in questo periodo dal 5,1 al 7,2 per cento, con una particolare concentrazione nel Mezzogiorno e tra chi ha meno di 25 anni. Tra inflazione e riduzione dei redditi da lavoro, il potere d’acquisto in termini reali delle famiglie era diminuito del 5 per cento tra il 2007 e il 2011 e il trend è proseguito. Nei soli primi nove mesi del 2012 la percentuale di famiglie indebitate era quasi triplicata, dal 2,3 al 6,5 per cento.
Dopo l’esempio di Cipro, anche i risparmiatori italiani sono legittimamente preoccupati che lo stato italiano, dopo aver basato il patto di stabilità  sullo scarico di parte del debito pubblico sui creditori privati (le imprese che non vengono pagate), aggravando così la crisi occupazionale, oggi pensi di scaricarne un’altra parte confiscando una quota della ricchezza privata. Ma non bisogna dimenticare che la capacità  di risparmio per molte famiglie è venuta meno a seguito della crisi, lasciandole senza riserve e cuscinetti di protezione.
A fronte di questa situazione, il governo uscente e la sua ampia maggioranza bipartisan, dopo essersi avvitati in una riforma del lavoro che oggi neppure la Ministra che l’ha tenuta a battesimo ritiene efficace, hanno aumentato indiscriminatamente le imposte, anche per i redditi bassi. Salvo dichiarare unanimente in campagna elettorale che esse vanno ripensate e ridotte, a partire dall’Imu. L’aumento dell’Iva è sempre in agguato e se avverrà  colpirà  i ceti più modesti. Dopo aver assistito ad una campagna elettorale tra le più lunarmente lontane dal comune sentire e dagli affanni che tolgono il sonno a molti, noi cittadini ora assistiamo impotenti a schermaglie per la formazione, forse, di un nuovo governo. Questione morale, costi della politica, riforma elettorale, ministeri, presidenza della Repubblica – tutti temi certamente importanti – sembrano i nodi principali nelle negoziazioni in corso, più che le opzioni sulle specifiche misure da prendere per affrontare la crisi. La stessa Commissione Europea ci mette del suo a bloccare soluzioni e minare la fiducia. Mentre con una mano denuncia l’inefficienza del nostro welfare, il disagio crescente, i rischi del mancato investimento in istruzione e ricerca, con l’altra pone vincoli rigidissimi al, tardivo e parziale, pagamento dei propri debiti da parte dello Stato. Il sacrificio dei cittadini, la negazione dei principi di giustizia ed equità  che ciò comporta, sembrano meno importanti dei “conti in ordine”.


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