Emergenza rifiuti nucleari il deposito ancora non c’è

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ROMA — C’è una “cambiale nucleare” tra le scadenze che l’Italia senza governo rischia di mancare ad un prezzo salatissimo. Ieri l’ad di Sogin, Giuseppe Nucci, ha fatto il punto dell’attività  della sua società  incaricata di smantellare e bonificare i siti nucleari del Paese (4 ex centrali e 4 centri di ricerca). Ha sottolineato con soddisfazione che persino i saggi hanno messo il decommissioning – cioè lo smantellamento tra le priorità  del nuovo esecutivo. Ciò non toglie che entro agosto va adottata dal ministero dello Sviluppo la normativa europea sulla gestione in sicurezza dei rifiuti radioattivi che nel 2015 deve sfociare nel “piano definitivo” su tutta la gestione delle scorie, compresi quelli medicali che in Italia crescono di 500 metri cubi l’anno e che vengono attualmente stoccati in maniera non sempre sicura.
Oltre agli obblighi verso Bruxelles e il rischio sanzioni, si avvicina la data del 2020 quando il combustile radioattivo mandato a trattare in Francia dovrebbe tornare trovando il “Deposito nazionale” già  pronto, altrimenti si dovrà  rinegoziare il contratto con ulteriori costi. Nelle stime dello stesso Nucci serviranno circa 5 anni per costruirlo, quindi in due anni va individuato il sito e realizzata la progettazione esecutiva (i progetti di massima sono già  nei cassetti della Sogin). La legge prevede tempi strettissimi, ma i criteri per scegliere il sito sono da qualche mese bloccati al ministero dello Sviluppo Economico. Solo dopo la loro pubblicazione, Sogin potrà  avviare una procedura di 7 mesi per cercare autocandidature da parte di qualche Comune o, più probabilmente, avviare un delicato dialogo con gli enti locali nelle zone adatte. Sono previste compensazioni milionarie, ma sarà  dura per Nucci convincere politici nazionali e locali che il deposito «non è una pattumiera, ma una Banca d’Italia dei rifiuti radioattivi dove tutto sarà  in sicurezza, un centro di ricerca di eccellenza».
Intanto, forse proprio perché il nucleare è uscito dai radar della politica, la filiera del decommissioning italiano ha preso a marciare a velocità  mai viste: il numero delle autorizzazioni ottenuto da Sogin è cresciuto da 26 del 2010 alle 80 del 2012, raddoppiato il fatturato delle attività  e quello per addetto. «Le famiglie italiane pagano 2 euro l’anno in bolletta per le centrali nucleari — ha detto Nucci — ma possono anche considerarlo un investimento visto che il sistema delle bonifiche attiverà  3 miliardi d’investimenti nei prossimi 20 anni e 12 mila posti di lavoro per le circa 350 imprese accreditate». Quando i lavori del deposito partiranno, la cifra degli investimenti raddoppierà  a 6,5 miliardi. Secondo Davide Tabarelli di Nomisma Energia, «un sistema di decommissioning di eccellenza come quello italiano può diventare l’occasione per conquistare mercati esteri». Nomisma Energia stima che lo smantellamento dei 440 reattori nucleari nel mondo varrà  la cifra record di 165 miliardi entro il 2050.


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