Il Tesoro studia i conti per il Def Ma sarà  a geometria variabile

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L’agenda europea prevede una forchetta tra il 15 e il 30 di aprile per consegnare a Bruxelles il Def e il programma nazionale di riforma (Pnr) che traccia la rotta degli obiettivi da raggiungere per rispettare gli impegni presi con l’Unione Europea. «Sul Def e il Pnr sappiamo benissimo quali sono le scadenze europee e ci muoviamo per rispettarle» ha assicurato Grilli. Ma la situazione per l’Italia è oggettivamente complicata dal quadro politico, con un governo che ancora non c’è a un mese e mezzo dalle elezioni e la data del 18 di aprile fissata per la nomina del nuovo capo dello Stato. «Sappiamo di essere in una posizione particolare — ha aggiunto Grilli — il Def spetterebbe ad un governo nuovo di inizio legislatura, di questo la Commissione è perfettamente consapevole».
«Poi si possono fare correttivi», ha affermato ancora il ministro del Tesoro, rivelando in questa frase-chiave come la complessa partita dei conti pubblici e della loro sostenibilità  andrà  a finire. In pratica la struttura del Def è già  stata delineata, ed è quella anticipata nella relazione inviata da Mario Monti al Parlamento il 21 marzo scorso, in vista del varo del decreto sblocca-debiti. Il valore di quella relazione lo spiega il sottosegretario all’Economia, Gianfranco Polillo, secondo il quale il testo arrivato in Parlamento altro non è che «un Def tendenziale nel quale è già  incorporata la variazione dei conti dopo la decisione di pagare i 40 miliardi alle imprese». Il documento «vero e definitivo, anzi programmatico» dovrebbe farlo il nuovo governo al quale spetta il compito di definire la politica economica del prossimo biennio. E mai come in questo momento, in bilico tra politiche di espansione e quelle di rigore, una scelta di prospettiva sarà  in grado di influenzare la struttura dei conti. Il fatto è che la nomina del successore di Napolitano in teoria, calcolando due-tre giorni di votazioni, potrebbe arrivare solo il 21 di aprile. A questo punto il nuovo presidente della Repubblica potrà  sciogliere le Camere oppure cercare di formare un governo. Nel primo caso resterebbe in carica Monti, che ha già  un quadro definito dei conti pubblici, nel secondo la partita di Bruxelles si giocherebbe in zona Cesarini. Ma tutto è relativo. Come ha ammesso il ministro, per il quale si possono fare correzioni — in gergo note di variazione — anche successivamente alla scadenza del 30 aprile. Non è escluso poi che la «grande variazione», quella che potrebbe riguardare tutta Europa, arrivi con le elezioni tedesche del 22 settembre, dalle quali dipenderà  la «soluzione solidale» o quella del rigore ad ogni costo. Per ora l’Italia sta riflettendo sul suo tendenziale che non dice nulla di buono: debito pubblico al 130% del Pil e crescita economica ancora sottozero, con un meno 1,3% anche per il 2013.
Roberto Bagnoli


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