Telecom, dividendi dimezzati via a un bond da 3 miliardi

Loading

MILANO — Risultati 2012 in linea e nuovi tagli ai dividendi e ai costi per tenere Telecom Italia a galla di fronte a debiti ancora sopra i 28 miliardi e a un altro anno di recessione. Questa la ricetta di Franco Bernabè per non incappare in un taglio sulla qualità  del debito da parte di Standard & Poor’s (che ha un giudizio di BBB) e che ha portato il gruppo ad annunciare il lancio di bond ibridi per 3 miliardi, obbligazioni più care in termini di interessi ma che le agenzie di rating per la metà  conteggiano come capitale. E proprio una discussione preliminare con S&P sul nuovo piano industriale è stato il motivo per cui Telecom ieri mattina ha ritardato ad annunciare i target per il prossimo triennio, che di fatto spostano al 2015 il raggiungimento di un ottimale livello di debito. Tra tre anni Telecom ridurrà  i debiti a 2 volte il margine lordo, contro il 2,68 attualmente calcolato da S&P.
Analizzando i conti 2012 Telecom ha chiuso l’esercizio con ricavi stabili a 29,5 miliardi, un margine lordo di 11,6 miliardi (-4,7%, ma -2% a parità  di cambi e perimetro) e passività  in calo di 1,8 miliardi a 28,2. In realtà  a questa cifra andrebbero aggiunti 0,5 miliardi per le frequenze in Brasile e per altri investimenti che Telecom pagherà  a giorni, e per questo motivo la società  ha fissato prudentemente sotto quota 27 miliardi il target d’indebitamento per il 2013. Se entro fine anno il gruppo riuscirà  a disfarsi anche delle perdite delle televisioni di Ti Media (stimate dagli analisti in 100 milioni) tanto meglio, ma anche alla luce delle povere offerte ricevute, questa volta gli eventuali “proventi” non sono compresi nel piano. Nell’attesa ieri le Telecom hanno perso l’1,2% a 0,66 euro e le Ti Media lo 0,36% a 0,15 euro.
Bernabè ha poi chiesto nuovi sacrifici agli azionisti dimezzando il dividendo per poter fare più investimenti: nel triennio sono previsti 16 miliardi di investimenti (uno in più del vecchio piano). Tra il 2012 e il 2015 il monte cedole scenderà  quindi da 900 a 450 milioni, vale a dire 1,97 centesimi per le ordinarie (4,3 lo scorso anno) e 3,1 per le risparmio (5,4 centesimi). «La cedola potrà  tornare a crescere – ha detto il direttore finanziario, Piergiorgio Peluso – una volta che saranno raggiunti i target sul debito». Un digiuno che peserà  anche su Telco (22,4% di Telecom) che con questo flusso di cedole potrà  soddisfare solo gli oneri finanziari di quel miliardo di debito bancario,
mentre resterà  infruttifero il prestito soci da 1,75 miliardi diviso in proporzione tra Telefonica (815 milioni), Generali (535 milioni), Intesa e Mediobanca (200 milioni
ciascuna).
Se gli azionisti saranno messi a dieta, anche l’azienda dovrà  fare ulteriori sacrifici. Il management stima di ridurre ulteriormente i costi di 1,3 miliardi a cominciare dalla bolletta elettrica (400 milioni all’anno), passando poi per gli immobili e le torri, per finire con i call center. Quei 12mila dipendenti della Telecom dedicati a quest’attività  costano al gruppo il 30% in più di un service esterno. Questi nuovi tagli si rendono necessari per far fronte a un 2013 che si preannuncia ancora duro dato che il Brasile crescerà  a una cifra sola, e l’Italia farà  un altro passo indietro. Va detto però che Tim nel periodo ottobre-dicembre ha arginato il calo (-11,7%) totalizzando 1,46 miliardi di ricavi da servizi (30 milioni in meno di Vodafone con un calo del 14,7%) accorciando le distanze con il primo gestore mobile: Tim ha chiuso il 2012 con 6,14 miliardi di fatturato da servizi (dai 6,75 del 2011) contro i 6,43 di Vodafone (7,14 nel 2011).


Related Articles

Svolta sulla Thyssen, pene da rivedere

Loading

Thyssen. La Cassazione ordina: processo d’appello bis per il rogo in cui morirono sette operai

Sciopero generale, in piazza anche il Pd

Loading

Domani la protesta nazionale indetta dalla Cgil per un cambio di politica economica
Manifestazioni in tutta Italia. Camusso: «Chiamiamo in causa il governo e le imprese»
Domani sciopero generale di 4 ore (ma saranno il doppio per molte categorie): la Cgil torna in piazza per un fisco più equo e perché il lavoro sia la via per la crescita. Il sostegno del Pd e di altre forze dell’ opposizione.

Chi paga la crisi italiana

Loading

La spirale infernale è sempre più evidente, nonostante gli sforzi per nasconderla. Ora persino il Fmi ammette che le politiche di rigore impoveriscono le società  e alimentano la crisi che dovrebbero risolvere. L’Italia è un paradigma di questo stato di cose. Negli ultimi due anni sono state varate manovre correttive (contenere la spesa e aumentare le entrate), pari a circa 130 miliardi.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment