«Controllato il telefonino di Merkel»

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BERLINO — Ascoltavano anche lei, la donna più potente del mondo. Il cellulare di Angela Merkel era controllato dai servizi segreti americani. E’ qualcosa più di una possibilità, anche se la Casa Bianca nega imbarazzata. Non a caso, la stessa Cancelliera ha deciso di chiamare personalmente il presidente degli Stati Uniti parlando senza mezzi termini di una notizia che una volta confermata, rappresenterebbe «una grave violazione della fiducia» tra due Paesi alleati.
La dichiarazione di Steffan Seibert, il portavoce della cancelleria, è arrivata come una bomba alla fine di una giornata contrassegnata da contatti e preoccupazioni, in tutto il mondo, sul programma di controllo delle comunicazioni portato avanti dalla Nationl Security Agency. Un’attività su cui emergono ogni giorno in più dettagli inquietanti. «Il governo federale — ha fatto sapere Seibert — ha ottenuto informazioni secondo le quali il telefono portatile della Cancelliera potrebbe essere stato sorvegliato dai servizi americani». Alla luce di tutto questo, ha proseguito, Angela Merkel ha chiamato Obama affermando «chiaramente» che se ciò fosse accaduto «andrebbe disapprovato categoricamente e considerato totalmente inaccettabile». Nell’ottica tedesca «tra due nazioni amiche e partner da vari decenni una tale sorveglianza nei confronti di un capo di governo non può assolutamente esistere». «Queste pratiche devono cessare immediatamente», ha insistito la Cancelliera. Qualche decina di minuti dopo la dura presa di posizione tedesca è intervenuto il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, affermando che il presidente ha assicurato la sua interlocutrice che gli americani «non sorvegliano e non sorveglieranno» le sue comunicazioni. Si parla significativamente al presente e al futuro, ma non si spiega cosa sia avvenuto nel passato. Carney ha poi aggiunto che, preso atto delle preoccupazioni tedesche e delle richieste di chiarimenti giunte il giorno precedente dal presidente francese François Hollande, gli americani stanno «portando avanti le loro verifiche sui metodi di raccolta dati ad opera della intelligence».
Troppo poco, forse, per mettere a tacere alleati che si stanno interrogando sui metodi dei servizi segreti Usa. Il caso del programma di spionaggio informatico, venuto alla luce da ormai molti mesi dopo le rivelazioni della «talpa» Edward Snowden, rischia di subire una gigantesca escalation in un’Europa sempre meno disposta a minimizzare la portata dei fatti. Ne è una chiara testimonianza la durezza del linguaggio usato ieri dalla cancelleria, che ha chiesto agli Stati Uniti di precisare le dimensioni delle attività di sorveglianza e fornire finalmente quelle risposte a domande che Berlino «aveva posto da mesi». Toni diversi da quelli usati in giugno, durante la visita di Obama in Germania, quando il governo tedesco aveva cercato di non soffiare sul fuoco delle polemiche pur mantenendo una posizione molto ferma sulle violazioni della legalità e della privacy dei cittadini provocate dal monitoraggio dei dati compiuto dagli americani. La stessa richiesta dell’opposizione tedesca di congelare il negoziato sull’accordo di libero scambio Ue-Usa era stata accantonata dopo le rassicurazioni giunte dall’inquilino della Casa Bianca e la formazione di una commissione bilaterale in grado di accertare tutti gli aspetti della vicenda. Più volte a Berlino era stato sottolineato, per evitare il pericolo di un confronto troppo aspro con Washington, che le informazioni in possesso degli Stati Uniti avevano permesso di prevenire sanguinose azioni terroristiche.
Ma lo scenario rischia di cambiare. Anche perché l’ultimo capitolo tedesco dello scandalo aggrava una situazione resa incandescente dall’irritazione francese e da nuovi timori a livello internazionale. Il portavoce del governo di Parigi, Najat Vallaud-Belkacem, ha continuato a parlare ieri di «pratiche inaccettabili tra alleati» dopo le rivelazioni sulle decine di milioni di telefonate setacciate dalla Nsa. Molte preoccupazioni anche a Roma dove il presidente del Consiglio Enrico Letta ha chiesto chiarimenti al segretario di Stato John Kerry per accertare che non ci siano state violazioni delle comunicazioni provenienti dall’Italia. Il capo della diplomazia americana ha garantito il governo che l’obiettivo dell’amministrazione Obama «è trovare il giusto equilibrio tra protezione della sicurezza e privacy dei cittadini». Di più non ha detto, ma ha rassicurato i suoi ospiti sul fatto che «proseguiranno strette consultazioni». Fonti vicine al premier hanno parlato di un «atteggiamento cooperativo» da parte del successore di Hillary Clinton. Un segnale incoraggiante, perché sarà necessario effettivamente molto lavoro comune per fare finalmente chiarezza.
Paolo Lepri


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