Le spese pazze di Marine 22 mila euro in pasticcini

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PARIGI — La donna che vuole fare uscire la Francia dall’euro ne ha spesi 22 mila 438 di troppo in pasticcini.
La «Commissione dei conti della campagna elettorale» ha reso noto il dettaglio delle spese presentate da Marine Le Pen in qualità di leader del Front National e candidata presidenziale nel 2012, e come era prevedibile neanche lei, fustigatrice degli sprechi e sedicente voce del popolo contro le dissolutezze dei potenti, può dirsi priva di macchie: lo Stato francese tante volte accusato di sperperi le rimborserà gran parte delle spese elettorali, ma non i bignè.
Sui 9 milioni 96 mila e 908 chiesti da Marine Le Pen, la commissione ha rifiutato il pagamento di 696 mila 965 euro, pari al 7,66 per cento del totale. Come mai? Perché certe voci presentano un carattere elettorale non evidente, o quantomeno possono essere definite superflue. Come le notti nell’albergo quattro stelle di Nizza per 1363 euro segnalate dal Canard enchaîné o il «Bal de Marine», la serata organizzata nel giugno 2011 e costata 131 mila 173 euro, o ancora il pagamento di guardie del corpo private, quando lo Stato già si occupava della sicurezza della candidata avendo distaccato agenti di polizia con l’unico compito di seguirla e proteggerla.
Marine Le Pen si difende, dice di avere peccato semmai «per eccesso di trasparenza: non ho dissimulato le fatture come ha fatto Sarkozy. Ho preferito chiedere il rimborso di tutto quel che potevo, indicandolo le voci chiaramente, e quando mi sono trovata nel dubbio ho preferito lasciare alla commissione il compito di decidere se una certa spesa era elettorale oppure no». I pasticcini, ora lo sappiamo, non lo sono. La leader del partito che i sondaggi definiscono «il primo nelle intenzioni di voto» alle europee non ha commesso reati, ma una indubbia ingenuità politica.
Nelle condizioni in cui versano oggi le finanze pubbliche, con i francesi chiamati a continui sacrifici, è ragionevole pretendere di farsi pagare i petits fours dallo Stato, cioè dai contribuenti? Pure la disinvolta difesa di Marine Le Pen, riassumibile in un goffo «io ci ho provato», getta un’ombra sulla reale statura di una leader che negli ultimi mesi era sembrata giganteggiare, complice la crisi dell’Ump (centrodestra) e del Ps (la sinistra al governo).
La gaffe dei pasticcini contribuisce a riportare Marine Le Pen alla sua giusta dimensione, almeno quanto alla questione morale: è a capo di un partito, il Front National, nato grazie alla favolosa e contestata eredità ricevuta nel 1976 dal padre Jean-Marie, ed è anche la segretaria di un micro-partito fin qui sconosciuto, «Jeanne» in onore a Giovanna d’Arco, che nel 2012 ha gestito 9,5 milioni di euro vendendo «kit del candidato» e prestando soldi ai militanti (secondo un’inchiesta di Mediapart ).
Due giorni fa a Strasburgo l’euro-deputata Marine ha chiesto ai suoi due colleghi nel Parlamento europeo, il papà Jean-Marie Le Pen e Bruno Gollnisch, di scegliersi meglio le amicizie: via gli impresentabili ungheresi anti-Rom del partito Jobbik e i razzisti del British National Party; meglio puntare a un nuovo gruppo con il Partito della libertà olandese di Geert Wilders e i separatisti fiamminghi del Vlaams Belang, non esattamente rassicuranti centristi ma meno imbarazzanti dei precedenti.
La campagna di normalizzazione continua. Alle porte c’è il rischio che il Front National finisca per essere considerato davvero un partito come tutti gli altri, anche quando c’è da farsi offrire il dessert.
Stefano Montefiori


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