La città con i tramvieri «Se privatizzano cresceranno i prezzi»

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GENOVA — «Attenzione, corteo in centro».
Sono le sette di sera, il corteo in realtà è finito da mezza giornata, il traffico scorre che a Milano ci metterebbero la firma e probabilmente nessuno — salvo quelli della trattativa in Prefettura, che andrà avanti fino a notte — farà tardi a cena causa dello sciopero. Ma il grande display stradale su via Diaz è ancora acceso con l’avvertimento luminoso al suo posto: forse perché, come si dice, non si sa mai.
Ecco. Forse è tutta o quasi in questo «non sapere», oggi, la sintesi più completa di Genova: arrabbiata no, ma impaurita e preoccupata molto. Per esempio non ce l’ha coi tramvieri che stamattina, a meno di miracolo notturno davanti al Prefetto, andranno avanti col quinto giorno di sciopero. È anche la sensazione di Sergio Cofferati, passato in mattinata tra quelli che ascoltavano Bersani: «La città sta dalla loro parte». Del resto è la città borghese e insieme camalla che si sa, quella che un tranviere — Fulvio Cerofolini — negli Anni 70 ce lo aveva avuto addirittura per sindaco. «Perché i genovesi – continua Cofferati camminando per strada – capiscono che i tranvieri dell’Amt hanno tutti la stessa paura loro: perdere il lavoro».
«Paura» è la parola che comanda. E la frase più tremenda la tira fuori un’impiegata, Marta Parodi, mentre esce dall’ufficio in via Fieschi per andare a prendere il treno alla stazione di Brignole: «Solidarietà con gli altri, anche qui, durerà solo fino a quando non sarà superata dal timore per sé». Infatti Cofferati riprende e conclude: «Chi sta in centro non ha problemi a muoversi anche senza tram. Ma chi sta nelle valli, come mia suocera a Granarolo, senza mezzi come fa? La solidarietà c’è stata finora, dico. Però attenti a non tirar troppo la corda».
Così Genova guarda e sta zitta, per ora. Guarda i portuali della Compagnia Unica che ieri mattina hanno aperto la propria sala ai tranvieri, per ospitare la loro assemblea. Guarda i più giovani e i più anziani fra i tramvieri, di nuovo, che a un certo punto in quella sala letteralmente piangevano. Guarda il suo sindaco Marco Doria che, all’indomani della delibera bollata come quella «delle privatizzazioni», giura di «non volere privatizzare» un bel niente: e in effetti a leggerla è una delibera generica, per dire che le municipalizzate sono in crisi e bisogna fare qualcosa. Peccato solo che, come quando si ha paura, nessuno o quasi a Genova gli crede o si fida del tutto: «E se invece mi privatizzano i tram — sintetizza Luigi Corsi, 68 anni, pensionato, davanti alla stessa Prefettura dove sindacati e sindaco stanno continuando a discutere — e mi aumentano il biglietto da un euro e mezzo a tre?». Ma il sindaco dice di no… «E chi si fida?».
Non certo i 2.400 dell’Amt ai quali in sindaco ha chiesto ieri, per trovare gli 8 milioni che servono a riportare in pari l’azienda, di tirarne fuori quattro loro sotto forma di tagli. Loro ripetono che ne hanno già messi il doppio con un accordo fatto appena sei mesi fa. Ma non si fidano neanche quelli dell’Amiu, l’altra municipalizzata della raccolta rifiuti, che ieri hanno scioperato a loro volta per solidarietà e da oggi sono «in assemblea permanente».
Paolo Foschini


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