La Svizzera sceglie di chiudere i confini: tetto agli immigrati Ue

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LUGANO — La freccia dell’immigrazione spacca a metà la mela di Guglielmo Tell. Con una strettissima maggioranza, ma contraddicendo le previsioni della vigilia, l’elettorato svizzero ha detto sì all’introduzione di tetti e quote all’arrivo di immigrati nel paese. Al referendum di ieri la proposta dell’Udc, partito della destra conservatrice, è passato per un soffio, il 50,3% dei voti che equivalgono a un margine di appena 19mila schede. Il pronunciamento del popolo sovrano obbliga adesso il governo e il parlamento di Berna (che avevano espresso parere contrario all’iniziativa) a rimettere in discussione entro tre anni i trattati sulla libera circolazione delle persone sottoscritti con la Ue solo pochi anni fa e dunque a innalzare nuovamente barriere ai confini tra la Confederazione e il resto del continente.
Una decisione che all’apparenza cammina contro la storia ormai avviatasi lungo la strada della globalizzazione ma che si spiega alla luce di alcuni dati. In Svizzera il 23% dei residenti è ormai straniero, la più alta percentuale dell’intera Europa, contro il 7% dell’Italia . A ciò va aggiunta la quota di lavoratori pendolari che ogni giorno varcano la frontiera, provocando il crollo dei salari sul mercato del lavoro ma soprattutto generando insicurezza sulla tenuta dell’intera «isola felice» delle Alpi. Quest’ultimo aspetto riguarda da vicino l’Italia, da cui partono ogni giorno 60mila lavoratori impiegati a nord di Chiasso.
Non è un caso che proprio il Canton Ticino abbia registrato la più alta percentuale di consensi al referendum di ieri, addirittura il 68%. I sì sono passati in tutti i cantoni di lingua tedesca con l’eccezione dei grandi centri (Zurigo e Basilea) mentre i voti nelle aree francofone sono stati di segno opposto.
In teoria il voto di ieri non avrà conseguenze immediate sugli stranieri residenti nella Confederazione né sui lavoratori italiani del Ticino ma una ripercussione di natura politica e diplomatica l’ha già provocata. Bruxelles non ha infatti tardato a manifestare la sua irritazione. «Il voto va contro il principio della libertà di movimento delle persone, ne esamineremo attentamente le implicazioni» ha avvertito il portavoce della commissione Olivier Bailly ricordando che Berna ha sottoscritto nel 1999 un accordo globale con la Ue su una serie di temi che ora potrebbero essere rimessi in discussione nel loro complesso, aprendo un vero e proprio «vaso di Pandora» nei rapporti tra la Comunità e Berna. «Il voto rischia di essere sfruttato dai movimenti populisti in vista delle elezioni europee di maggio» ha detto da parte sua il presidente dell’Europarlamento Martin Schultz.
Facile profezia: il pronunciamento dell’elettorato elvetico (è andato alle urne il 57% degli aventi diritto, una soglia alta per le abitudini del paese) riflette infatti un vento anti europeista e anti stranieri che sta investendo tutto il continente. Guarda caso la prima a esultare per l’esito del referendum è stata Marine Le Pen: «Brava la Svizzera che ha detto no all’immigrazione di massa» ha scritto la leader francese del Fronte National sul suo profilo Twitter. «Un voto saggio contro il bullismo dei burocrati di Bruxelles» l’ha invece definito Nigel Farage, rappresentante degli euroscettici inglesi.


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