Petrini e Sepúlveda. La sostenibile lentezza dell’essere

Petrini e Sepúlveda. La sostenibile lentezza dell’essere

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CARLO Petrini: Luis, il tuo ultimo libro , Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza, mi ha emozionato molto, perché parla di un concetto fondamentale per Slow Food e del suo animale-simbolo.
Hai raccontato che il libro nasce da una domanda di un tuo nipotino…
Luis Sepúlveda: I bambini esigono risposte di tipo poetico. Il quesito era sulla lentezza. Gli ho detto: «Lasciami un po’ di tempo e risponderò alla tua domanda». Così è nata la storia della lumaca. E ho scoperto, facendo ricerche sul tema, che in tanti diversi contesti etnici la lumaca è un simbolo di equilibrio. Perché la lumaca possiede il giusto, solamente il giusto.
Ha lo spazio esatto in cui abitare, il suo esoscheletro: se deve crescere di due millimetri il suo esoscheletro cresce due millimetri, non di più.
CP: Mi piace il passaggio in cui sale sulla groppa della tartaruga e dice: «Come vai veloce!». Tutto è relativo. La lentezza, naturalmente, è la nostra parola d’ordine. Quando abbiamo elaborato l’idea dello Slow Food c’era già questo elemento filosofico, e c’era prima di Milan Kundera; il nostro manifesto fondativo diceva «Contro la vita dinamica propugniamo la vita comoda. Contro coloro, che sono i più, che confondono l’efficienza con la frenesia, proponiamo il vaccino di un’adeguata porzione di piaceri sensuali assicurati, da praticarsi in lento e prolungato godimento ». Perché un altro dei pilastri su cui si fonda Slow Food è il diritto al piacere. Che si lega in maniera inscindibile con la lentezza: sono necessari l’uno all’altra. Ma, purtroppo, la rivendicazione, decisa, del diritto al piacere è stata sempre per noi croce e delizia. Croce perchè ci ha subito posto nella categoria dei privilegiati, quelli che grazie ai soldi possono mangiare meglio rispetto agli altri. E delizia perché io penso che il diritto al piacere sia un diritto universale di tutta l’umanità, non solo della parte ricca. Io sono agnostico, il piacere preferirei averlo su questa terra, non in quell’altro mondo.
LS: Sarebbe l’ideale, sì. Il diritto al piacere potrebbe essere considerato come l’altra faccia del diritto al lavoro, che è uno dei diritti umani fondamentali a cui sembra che ultimamente abbiano tutti abdicato: partiti e organizzazioni politiche, di destra come di pseudo-sinistra. Tutti si mettono d’impegno a degradare questo tema, parlando del lavoro come di una specie di regalo, invece che di un diritto, dimenticando che la difesa del lavoro è la difesa dell’unica arma di lotta dei lavoratori.
Ecco, il sistema che attenta, in nome dell’interesse degli imprenditori e dei banchieri, al diritto al lavoro, è lo stesso che nega poi ai lavoratori, alla parte dell’umanità che non è ricca, il diritto al piacere. Inteso non come lusso, ma come la libertà che ti garantisce gioie semplici, anche solo passeggiare per la tua città, contemplare la vita, guardarti intorno e scoprire piccoli elementi di felicità». Uno dei problemi di questi ultimi anni, uno dei motivi per cui abbiamo perso delle occasioni, è che in America Latina, come in quasi tutto il mondo, abbiamo avuto una sinistra stoica, spartana, che non si è posta il problema del principio del piacere, inteso come dignità per tutti. Una sinistra che ha ragionato
ragionato in modo non così diverso rispetto al messaggio religioso, che ti promette il Paradiso dopo la morte perché il nostro mondo è un mondo di sofferenza. Il messaggio di questa sinistra è quasi lo stesso: si deve soffrire oggi e dopo la rivoluzione potremo conquistare la felicità. E cambiare questa cultura è difficile. Da questo punto di vista le iniziative che rivendicano la dignità, il buon vivere, il buon governo, l’ambiente, sono una minoranza. Che cresce, sistematicamente, ma resta sempre, ancora, una minoranza. Il discorso invece deve diventare universale e il messaggio deve risuonare ben chiaro: la vita è breve, buona, e c’è un diritto fondamentale che è il diritto alla felicità. Che non si manifesta e non si deve confondere con una sorta di diritto naturale a diventare ricco, o a soverchiare gli altri. Parliamo di un’altra felicità. Delle soddisfazioni piccole, che però valgono molto.
CP : Certo, su questa terra e non nell’altro mondo il diritto al piacere deve essere garantito a tutti e per questo va anche misurato con la nostra capacità di non esagerare, come la lumaca. Perché il piacere in campo alimentare non è crapula, non è eccesso, non è pensare a se stessi e non condividere. Tutti noi che veniamo da una formazione di sinistra, in realtà, i discorsi sulla condivisione e sul limite li abbiamo nel dna. Però mentre una parte della sinistra amava soffrire, o meglio faceva finta che le piacesse soffrire, molti di noi hanno scelto un altro modello. Perché il diritto al piacere va rivendicato, e devo dire che in questo siamo ancora molto incompresi. Quando mi chiedono quali sono i pilastri di Terra Madre, ne indico due. Il primo lo chiamo “intelligenza affettiva”: mi piacerebbe che potessi venire al Salone Internazionale del Gusto e Terra Madre 2014 e vedere come questi diecimila contadini di religioni e terre diverse interagiscono tra loro. In quel contesto senti l’intelligenza, ma un’intelligenza diversa da quella puramente razionale, perché è fatta di antichi saperi e anche di tanta umanità, della capacità di volersi bene e stringersi intorno alle proprie esistenze, in condivisione. Il secondo pilastro è ciò che descrivo come “austera anarchia”: ognuno in casa sua fa quello che vuole. Io, italiano, non posso andare in America Latina a sentenziare cosa devono seminare. Del resto la rete, se è una rete vera, non deve avere una struttura gerarchica, devi lasciarla andare. È un discorso difficile, lo so, però è l’unico possibile. Vedo che le nostre comunità hanno una creatività e una capacità di interpretare il territorio che nessuna organizzazione potrebbe mai dare. Nessuna. Da questo punto di vista, leggendo la storia della tua vita e delle tue battaglie, ho scoperto che ci unisce, almeno così credo, un sentimento di comunanza ideale: tu sei stato, e sei, un sincero combattente per la democrazia, per i diritti civili.
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IL SAGGIO
Un’idea di felicità, di Luis Sepúlveda e Carlo Petrini (Guanda, pagg. 168 euro 13)


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