Poste, a rischio 20 mila posti Eni, Enel e Finmeccanica via ai tagli nelle Spa di Stato

Poste, a rischio 20 mila posti Eni, Enel e Finmeccanica via ai tagli nelle Spa di Stato

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MILANO . Potrebbe sembrare un controsenso. A fronte di un presidente del Consiglio che, al momento della nomina nella primavera scorsa, ha chiesto ai nuovi amministratori delle società controllate dalla Stato di pensare soprattutto a creare nuovi posti di lavoro e meno ai dividendi, i manager di Poste, Eni, Enel e Finmeccanica hanno risposto — almeno in questi primi mesi — andando in altra direzione.
Annunciando la chiusura di impianti industriali, la dismissioni di siti produttivi, il taglio di dirigenti e battagliando con i sindacati che li accusano di voler ridurre il personale. L’ultimo episodio è avvenuto ieri: il segretario nazionale della Slp, il sindacato poste della Cisl, Mario Petitto ha accusato l’azienda guidata da Francesco Caio, manager già a capo del gruppo Indesit, di lavorare a un piano industriale che prevederebbe «il taglio di 17-20mila esuberi».
In realtà, il piano industriale è ancora in fase di redazione: avrebbe dovuto essere presentato a fine mese, ma i manager di Poste sono stati bloccati dalla vicenda Alitalia e hanno dato appuntamento per la fine di novembre. Ieri, Caio ha liquidato le indiscrezioni parlando di «numeri immaginari» e garantendo che «quando il piano, orientato alla crescita e allo sviluppo del gruppo in un momento di forte competitività dei mercati, sarà definito nei dettagli verrà presentato ai sindacati in un confronto sereno e costruttivo».
Tre giorni fa, durante una in Parlamento, il nuovo ad di Enel Francesco Starace aveva annunciato la chiusura di 23 centrali elettriche: «Molti impianti in Italia non trovano più una giustificazione economica perché c’è un eccesso di capacità». A causa del calo della domanda e del boom delle rinnovabili — che in Italia coprono il 35% del fabbisogno — gli impianti più vecchi sono fermi perché fuori mercato. Starace ha garantito che i 700 dipendenti legati alle centrali verranno ricollocati o andranno in pensione anticipata.
Lo stesso è avvenuto per Eni. In questo caso, l’azienda ha presentato un piano di ristrutturazione del settore raffinerie, sempre causa crollo della domanda e concorrenza dei mega impianti asiatici, che ha accumulato perdite per 4 miliardi a partire dal 2009. Si parte da Gela, dove il sito — ha garantito l’ad Claudio Descalzi — non verrà chiuso ma riconvertito e non verrà licenziato nessuno dei 950 dipendenti. Anche se ieri in Sicilia c’è stato un sit in dei lavoratori preoccupati per il loro destino.
Infine, il caso Finmeccanica. Mauro Moretti, ex numero uno delle Ferrovie, sta riorganizzando la struttura, e le prime indiscrezioni parlano di una riduzione di un migliaio di dirigenti, oltre all’imminente cessione di quote di controllo di AnsaldoBreda e Ansaldo Sts Che cosa stia, in realtà, accadendo ai quattro colossi di Stato l’ha fatto capire Starace durante la sua audizione. «Al momento — ha detto Starace — Enel impiega il 65 per cento dei suoi investimenti per mantenere gli impianti e il resto per la crescita. Ma questo significa che c’è qualcosa che non va; la nostra intenzione è di invertire le percentuali».
In pratica, di fronte agli stravolgimenti economici di questi anni, i vertici aziendali hanno bisogno di recuperare risorse per i nuovi investimenti, chiudere le attività in perdita per concentrare dipendenti e risorse in quelli che si presuppongono siano le attività profittevoli dei prossimi anni. Ed è chiaro che la prima fase è quella più complessa da gestire. Soprattutto con il sindacato.



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