Procedimento penale contro Artur Mas

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«Un disa­stro». Non usa mezzi ter­mini il quo­ti­diano social-liberale El País per descri­vere lo stato dell’arte nel con­flitto sul futuro della Cata­lo­gna che oppone il governo cen­trale spa­gnolo a quello di Bar­cel­lona. La situa­zione di inco­mu­ni­ca­bi­lità e ten­sione, che sem­brava aver rag­giunto il suo apice con la cele­bra­zione della con­sul­ta­zione non uffi­ciale sull’indipendenza del 9 novem­bre, si è ulte­rior­mente aggra­vata: dall’altro ieri è noti­zia certa che entre­ranno in gioco i tri­bu­nali ordi­nari. Non più solo la Corte costi­tu­zio­nale, già chia­mata in causa e inter­ve­nuta con due pro­nunce, ma le corti penali.

Un ruolo deci­sivo l’ha gio­cato il pro­cu­ra­tore gene­rale dello stato, Eduardo Torres-Dulce, al ver­tice del sistema della pub­blica accusa di tutto il Paese. In Spa­gna l’ordinamento giu­di­zia­rio fun­ziona diver­sa­mente da quello ita­liano: le car­riere di pub­blico mini­stero e giu­dice sono rigi­da­mente sepa­rate, e il pm è, di fatto, tenuto a obbe­dire alle diret­tive del governo. La pub­blica accusa è un’entità uni­ta­ria e gerar­chica (il Mini­ste­rio Fiscal) gui­data dal pro­cu­ra­tore gene­rale (Fiscal gene­ral), nomi­nato dall’esecutivo. For­mal­mente è indi­pen­dente, ma in realtà attua in con­for­mità alle linee del governo.

Fin troppo facile, dun­que, vedere la mano del pre­mier Mariano Rajoy die­tro alla deci­sione di Torres-Dulce di aprire un fasci­colo a carico del pre­si­dente cata­lano Artur Mas e due mini­stri del governo di Bar­cel­lona. I reati ipo­tiz­zati: disob­be­dienza, abuso d’ufficio e mal­ver­sa­zione per aver fatto svol­gere ugual­mente il «refe­ren­dum infor­male» all’interno di edi­fici pub­blici nono­stante l’ordinanza della Corte costi­tu­zio­nale che ne aveva dispo­sto la sospen­sione. La tesi di Bar­cel­lona è invece che la con­sul­ta­zione popo­lare (uffi­cial­mente: «pro­cesso par­te­ci­pa­tivo») si sia svolta nel rispetto della lega­lità e che la denun­cia si fondi su ragioni poli­ti­che e non giu­ri­di­che. «Ogni giorno che passa ci spin­gono sem­pre più fuori dalla Spa­gna» ha com­men­tato ieri la numero due del governo cata­lano, Joana Ortega.

E per Mas non cam­bia nulla: «con­ti­nue­remo il nostro cam­mino con fer­mezza e corag­gio». La ten­sione è alle stelle, nel mondo poli­tico (i socia­li­sti del Psoe hanno aper­ta­mente cri­ti­cato la denun­cia con­tro Mas, lamen­tando inde­bite pres­sioni di Rajoy), e den­tro lla stessa isti­tu­zione della pub­blica accusa: il pro­cu­ra­tore gene­rale della Cata­lo­gna era con­tra­rio a pro­ce­dere, e come lui molti altri pm. Ma l’ultima parola spet­tava al fiscal gene­ral Torres-Dulce, che ha impo­sto la linea dura. Per la gioia di Rajoy che vuole mostrare i muscoli nella spe­ranza di con­qui­stare con la lotta «anti-separatista» il con­senso per­duto in tre anni di pes­sima gestione della crisi economico-finanziaria.



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