Torture Cia, il rapporto che fa paura

Torture Cia, il rapporto che fa paura

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NEW YORK Sedi diplomatiche e unità militari americane messe in stato di massima allerta in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi più esposti al terrorismo (6.000 i marines mobilitati, anche Sigonella in allarme), alla vigilia della pubblicazione del rapporto del Senato sull’uso di metodi non convenzionali (cioè forme di tortura) in alcuni interrogatori della Cia dopo le stragi dell’11 settembre 2001. Una volta insediatosi alla Casa Bianca, Barack Obama chiese all’intelligence di non usare più il waterboarding (annegamento simulato) e altre tecniche proibite per estorcere confessioni nell’interrogatorio di sospetti terroristi. Ma non denunciò l’operato del suo predecessore né aprì inchieste.
Un’indagine è stata però condotta dalla Commissione di controllo dei servizi segreti del Senato che ha redatto già da mesi un rapporto segreto assai voluminoso: ben 6.300 pagine. Una sintesi di 480 pagine dovrebbe essere resa nota oggi, ma ieri sono state esercitate forti pressione sul presidente del comitato, la senatrice democratica Diane Feinstein, per un ulteriore rinvio della pubblicazione.
Un atto che, secondo i repubblicani e anche molti esperti militari, verrà usato da gruppi estremisti per incitare alla violenza contro bersagli americani nel mondo.
Il rapporto — sottoscritto solo dalla maggioranza democratica uscente del Senato dove tra 20 giorni si insedierà la nuova assemblea a maggioranza repubblicana — contiene una critica serrata delle tecniche di interrogatori «non convenzionali» usate prima del 2009. Secondo numerose indiscrezioni che hanno cominciato a circolare fin dal marzo scorso, nei suoi interrogatori la Cia avrebbe usato sistemi che sconfinano nella tortura più spesso di quanto fin qui ammesso e senza ottenere risultati significativi dal punto di vista dell’acquisizione di informazioni davvero essenziali per l’attività di intelligence. E avrebbe anche «depistato» il potere politico minimizzando il peso di questi interventi nelle informative fornite al governo e al Parlamento.
Il risultato è mettere con le spalle al muro un’Agenzia federale di spionaggio che si è sempre difesa sostenendo di aver informato l’autorità politica e di aver usato tecniche «non convenzionali» solo quando indispensabili per ottenere informazioni che, secondo la Cia, hanno consentito di salvare migliaia di vite umane.
Il documento nega che le cose siano andate in questo modo. Ma per i repubblicani, che al Senato si preparerebbero a divulgare un contro-rapporto di minoranza, renderlo noto nel clima attuale è versare benzina sul fuoco. Mike Rogers, presidente della Commissione Intelligence della Camera, ha detto che la sua pubblicazione «porterà violenze e morte».
La situazione è tesa e confusa anche perché il tentativo di mettere la presidenza Bush al riparo dalle conseguenze del rapporto, dando tutte le responsabilità alla Cia, è fallito per iniziativa dello stesso ex presidente: messo a conoscenza dei contenuti del documento, George Bush ha detto di condividere tutto quello che è stato fatto dagli uomini del servizio segreto (definiti campioni di patriottismo) per difendere l’America.
Obama sembra aver dato comunque via libera alla pubblicazione del rapporto, anche se dal governo potrebbero essere venute indicazioni contrastanti: ieri il suo portavoce Josh Earnest ha detto che da mesi militari e ambasciate si preparano all’evenienza di attacchi dopo la pubblicazione del documento che, evidentemente, viene considerato un atto di trasparenza non più rinviabile. Ma solo venerdì scorso il Segretario di Stato John Kerry avrebbe avvertito la Feinstein che con la sua decisione esporrà a rappresaglie molti americani in giro per il mondo. Ora la senatrice è sola con la sua coscienza.
Massimo Gaggi



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